Il giorno 03 ottobre 2024 gli studenti del secondo anno di Trade and Consumer Marketing hanno discusso di shopper sostenibili avendo la possibilità di incontrare Benedetto Ruggeri, Founder e CEO di Mugo, azienda che aiuta a colmare i gap di sostenibilità di diversi business, durante il corso di Loyalty Marketing della Professoressa Giada Salvietti.
Impatto climatico e shopper sostenibili
“Chi di voi si reputa al 100% uno shopper sostenibile?” è con questa domanda che il CEO di Mugo inizia la sua testimonianza. Nessuno ha alzato la mano e neanche lui l’avrebbe fatto, ma perché? Per essere davvero shopper sostenibili dovremmo conoscere l’impatto climatico di ogni prodotto che compriamo e cercare di ridurlo il più possibile, facendo azioni di compensazione o scegliendo un prodotto a ridotto impatto. Purtroppo, però è veramente difficile che un consumatore conosca perfettamente l’impatto di ciò che consuma, ciò anche a causa della ridotta trasparenza da parte delle aziende e dei retailer. Dal punto di vista aziendale, a parte le etichette sulla riciclabilità dei contenitori (che presto non saranno conformi alla normativa se non verificate da enti terzi in linea con la Green Claims Directive) risulta difficile trovare informazioni utili per adottare pratiche più sostenibili. Lato distribuzione, invece, qualcosa sta iniziando a muoversi in Europa. Ruggeri ci ha parlato di Kavanagh (Inghilterra) che utilizza delle label sugli scaffali per identificare i prodotti con caratteristiche più sostenibili, per quanto ciò venga fatto in una modalità non in linea con le direttive perché non riporta prodotti con cui fare un confronto. Mentre Coop Danimarca ha realizzato un’applicazione che dà consigli climatici agli users, in questo modo sono riusciti a ridurre l’impatto climatico dei loro carrelli del 16% in sei mesi; dall’app è possibile anche donare i propri punti fedeltà verso un’associazione che si occupa di piantare alberi e fare attività di gamification per raccogliere più punti fedeltà (lato consumatore) e aumentare l’engagement del cliente (lato retailer). Anche Albert Heijn nei Paesi Bassi e Mano Mano in Francia iniziano a muoversi verso iniziative per aumentare la trasparenza e permettere allo shopper di essere più sostenibile.
Sono piccoli passi che porteranno verso un futuro a minore impatto climatico per tutti.
Le innovazioni di Mugo
Anche Mugo, dal canto suo, aiuta i propri clienti ad aumentare la trasparenza tramite progetti e attività che permettono al consumatore di conoscere il proprio impatto climatico o di ridurlo. Ad esempio, hanno sviluppato il Climate Corner, una testata di gondola dove vengono inseriti i prodotti più sostenibili e che possiedono le relative certificazioni (es. ISO); questo permette al retailer di sviluppare e migliorare la propria relazione con l’industria.
Hanno introdotto progetti di compensazione, quindi a impatto climatico positivo, tramite l’utilizzo dei punti fedeltà. Infatti, riescono a calcolare l’impatto del carrello di ogni consumatore e quest’ultimo a sceglie l’attività a cui donare i propri punti fedeltà per bilanciare il proprio impatto.
O ancora, possono mostrare lo scontrino climatico, questo per aiutare il consumatore a conoscere l’impatto di ogni prodotto acquistato e inserire attività di gamification nell’app come Coop DK.
E come ultima innovazione, ci ha parlato della smart promotion, sviluppata in collaborazione con l’azienda Market3rs, ovvero la possibilità di mostrare coupon personalizzati in base allo storico su prodotti a basso impatto climatico.
Anche per i clienti di Mugo si tratta di progressi graduali, che rappresentano un punto di partenza per rendere più green i nostri stili di vita.
Domande dei Traders
- Considerando il caso di Kavanagh (Inghilterra) l’inserimento di label per indicare il prodotto o l’azienda più sostenibile, non penalizza il prodotto o l’azienda meno sostenibile?
È vero, ma si dà anche la possibilità all’azienda di decidere come posizionarsi. Si sta semplicemente evidenziando un prodotto o un’azienda che ha una certificazione (quindi qualcosa di oggettivo e che tutti potrebbero potenzialmente sapere), si aumenta la trasparenza. È come quando si mettono le etichette dei prezzi, per un consumatore attento al prezzo, il prodotto con il prezzo più alto verrà penalizzato rispetto a quello con un prezzo più basso, ma è un fatto oggettivo.
- Ci sono differenze tra l’estero e l’Italia a livello sociodemografico che impattano maggiormente? Come impattano?
Dal punto di vista dei retailer, al Nord Europa c’è meno paura di comunicare e innovare a livello di sostenibilità. Gli stessi report di sostenibilità dei retailer sopracitati sono estremamente puntuali e scientifici. Inoltre, è presente una minore differenziazione tra i prodotti; quindi, i consumatori percepiscono meno il problema della trasparenza, che invece è presente in Italia.
Infatti, i paesi più indietro sulla consapevolezza climatica ricevono un minore effort da parte dei consumatori, che si sentono giustificati nel non interessarsi troppo al proprio impatto.
- Tutte le generazioni sono interessate all’argomento e sono disposte a cambiare? Come vengono gestiti i touchpoints in base alle diverse generazioni?
L’interesse sulla tematica è stabile per tutte le generazioni, ma sicuramente cambia la modalità di fruizione in base a cosa vogliono e possono fare. I touchpoints scelti dipendono anche dal retailer, sul fisico si punta più sulle generazioni più anziane, mentre per il mondo digital si va sui giovani; anche se, ormai tutti puntano sull’app, magari con funzioni semplificate per chi non ha dimestichezza.
Articolo scritto da Marta Molino
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