Se state cercando un’esperienza di studio all’estero che vi permetta non solo di vivere in una città del tutto diversa da quello a cui siete abituati, ma anche di allargare e arricchire enormemente i vostri orizzonti culturali , siete nel posto giusto!
In questo articolo vogliamo riportarvi l’esperienza affascinante di Chiara, studentessa della magistrale di Trade e consumer marketing al secondo anno, che ha deciso di partire per l’Overworld in Giappone.
Siamo sicuri che non potrete fare a meno di lasciarvi ispirare da questo viaggio. Venite a scoprire di più!
E non dimenticatevi di guardare il reel sulla nostra pagina Instagram!
Il suo percorso ha preso il via il 6 settembre da Milano, con uno scalo a Parigi prima di giungere a destinazione il 7 settembre ad Osaka.
Il programma è durato un periodo di circa 5 mesi, dai primi di settembre appunto, fino a fine gennaio. Affrontare le pratiche pre-partenza è stato un processo impegnativo, con scadenze serrate e una serie di attività da completare; tuttavia, la determinazione, l’organizzazione e la pazienza hanno permesso a Chiara di superare ogni ostacolo.
La Kwansei Gakuin University, situata a Nishinomiya, a soli 40 minuti da Osaka nella regione del Kansai, ha accolto Chiara con i suoi primi giorni dedicati all’orientamento. Qui ha ricevuto consigli pratici sulla vita in Giappone, ha definito lo status di studentessa residente nel paese, ha scelto gli insegnamenti e ha iniziato a socializzare
con gli studenti locali. L’accoglienza calorosa e il sostegno costante hanno trasformato questo periodo in una fondamentale fase di assestamento.
Potresti spiegare in modo dettagliato gli insegnamenti che hai deciso di seguire presso l’università in Giappone?
“La KGU offre due percorsi di studio: la “Japanese Language Track” per gli studenti che si vogliono concentrare sullo studio della lingua, e la “Modern Japan Track” per chi invece vuole seguire i corsi in inglese, come me. Tra i tanti insegnamenti proposti, ho dovuto sceglierne 7 di cui uno era il “Modern Japan Seminar”, obbligatorio per gli studenti della mia traccia. Per i restanti, la scelta è stata abbastanza difficile in quanto gli esami di Trade sono molto specifici, e avrei potuto trovare una corrispondenza solo con gli esami del primo semestre del secondo anno, non avendone indietro e non potendo anticipare quelli del secondo semestre. Ho quindi optato per “Marketing Research”, “Marketing Communication”, “Marketing Management” e “Statistics” erogati dall’Institute of Business and Accounting, la cui organizzazione è leggermente diversa rispetto agli altri dipartimenti dell’Università. Infine, ho scelto un corso focalizzato sul concetto di ospitalità giapponese, detta “omotenashi”, nei vari ambiti di business”.
Un modo nuovo di vivere l’università
Come sono organizzate le lezioni e gli esami?
“Considerando esclusivamente la mia esperienza, lezioni e esami sono organizzati in maniera completamente diversa rispetto all’Italia. Ad esempio, nessuno dei corsi da me frequentati prevedeva un esame vero e proprio, ma solo dei compiti settimanali o dei lavori di gruppo, e una relazione sui temi trattati da consegnare al termine del corso. Il carico è quindi complessivamente inferiore, ma viene richiesta la partecipazione attiva alle lezioni, su cui generalmente si basa il 50% della valutazione. Questo è facilitato anche dal fatto che le classi sono molto piccole, 15/20 studenti o anche meno, ad esempio io ho frequentato un corso in cui eravamo solo in 5. Le valutazioni sono espresse in lettere e i CFU sono massimo 2 per ogni esame, che ovviamente vengono convertiti nei corrispondenti voti e crediti italiani al termine dell’esperienza. L’anno accademico si divide in 4 trimestri, mentre le giornate sono articolate in 6 periodi di lezione da 100 minuti ciascuna, a partire dalle 8:50 del mattino, dal lunedì al venerdì. Entrambi i corsi regolari che ho frequentato prevedevano 14 lezioni.
Invece, per quanto riguarda i corsi dell’IBA, questi si svolgono dal lunedì al sabato, e ciascun insegnamento prevede 200 minuti di lezione una volta alla settimana, per un totale ugualmente di 14 lezioni ma concentrate in 7 settimane. Ho frequentato la maggior parte di questi online, ad eccezione di uno che si svolgeva prevalentemente in presenza e di sabato nella sede di Osaka-Umeda, al 14esimo piano dell’Applause Tower.
Gli altri due corsi invece si tenevano in presenza nel campus principale, che da subito mi ha colpito perché ricco di spazi verdi curatissimi, due caffetterie, una palestra, sale studio, una grande biblioteca, un konbini (i piccoli convenience stores aperti h24 e diffusissimi in Giappone), e addirittura Starbucks, KFC e dei food truck con prodotti internazionali sempre diversi. Anche da questo punto di vista direi che è completamente diverso da ciò a cui ero abituata”.
Una giornata tipo all’università di Osaka
Raccontaci una tua giornata
“Avendo lezione prevalentemente online, l’unica giornata “piena” è quella del giovedì. Mi alzo verso le 7:30, faccio colazione nella cucina comune, mi preparo ed esco intorno alle 8:40. Faccio 10 minuti di strada a piedi, generalmente con qualcuno che segue il mio stesso corso, se non sono in ritardo. La lezione inizia alle 8:50 e termina alle 10:30. Poi faccio una pausa, magari prendo uno snack dal konbini, e vado in biblioteca a studiare fino alle 12:40, quando esco per andare a mangiare in una delle due caffetterie, dove incontro gli amici. Spesso bisogna aspettare un po’, ma le file sono ben organizzate e divise per tipologia di piatto che si desidera. Io, ad esempio, prendo spesso il riso al curry giapponese con il karaage (pollo fritto) o il tonkatsu (cotoletta di maiale). Appena finisco, vado a seguire l’altra lezione dalle 13:20 alle 15:00, e successivamente faccio una passeggiata per il campus prima di tornare al dormitorio. Là continuo a studiare o a preparare qualche assignment negli spazi comuni, in modo da scambiare qualche chiaccihera con chi passa o studia lì. Qualche ora dopo preparo la cena, molto prima rispetto che in Italia, chiamo casa, magari guardo un film o una serie tv e poi vado a dormire”.
Per quanto riguarda la ricerca dell’alloggio, potresti raccontarci la tua esperienza e quali consigli daresti ad un futuro trader?
“Io sono risultata idonea all’alloggio fornito dall’Università, quindi è stato piuttosto semplice. Ho indicato le mie preferenze tra le diverse possibilità, valutando costi, distanza dal campus e organizzazione interna, e alla fine sono stata selezionata per il Yukoryo. Sono stata molto contenta perché la struttura è bella e nuovissima, si trova a Nishinomiya a 10 minuti a piedi dal campus ed è gestita da una coppia di signori giapponesi sempre carini e disponibili. Il piano terra è comune a tutti, con bagni, una grande cucina, sala cinema, salottini in cui studiare o semplicemente stare insieme; invece, gli altri tre piani sono suddivisi tra maschi – femmine – misto. Ognuno di questi ha una cucina abitabile con TV e salotto, i bagni in comune e due stanze adibite a lavanderia, mentre le camere sono tutte singole, semplici ma confortevoli. Nel dormitorio sono presenti sia studenti in scambio provenienti da tutto il mondo, sia studenti giapponesi, alcuni molto riservati e altri invece espansivi e sempre pronti ad aiutarci. Si è creato un ambiente molto bello, anche grazie agli eventi mensili organizzati da alcuni ragazzi/assistenti, nonostante condividere gli spazi con persone dalle abitudini e culture diverse sia stato spesso difficile”.
Immergiamoci ad Osaka
Come descriveresti la città in tre parole?
“Prendendo in considerazione Osaka, direi vivace, colorata, autentica. Vivace perché è ricca di vita, di giorno e di notte, con i suoi mercati al coperto e gli street food tipici. Colorata perché, come si vede dalle foto, molti edifici hanno insegne enormi dai colori sgargianti, specie nella zona di Dotonbori a Namba. Autentica perché accanto ai palazzi moderni e ai coloratissimi maxi schermi, in ogni angolo si possono trovare dei templi più o meno grandi e famosi, caratteristica tipica delle città giapponesi che mi ha sorpreso e affascinato particolarmente”.
È stato difficile per te integrarti in una cultura così diversa dalla nostra?
“Il primo periodo è stato complicato, specialmente a causa delle barriere linguistiche perché in molti non parlano inglese. Me la sono cavata con il traduttore, anche se a volte nemmeno le traduzioni avevano senso. Ad esempio, ci ho messo un po’ per imparare a fare la spesa, sia per la valuta diversa, sia appunto a causa della lingua, ma anche perché i prodotti sono diversi, dal packaging allo scaffale in cui si trovano. Ma piano piano si osserva e si impara, anche sbagliando o confrontandosi tra studenti in scambio o chiedendo consigli ai giapponesi stessi perché sono tutti estremamente gentili e pronti ad aiutarti, in qualsiasi situazione”.
Come ti sei trovata con le persone del posto e con gli altri studenti Erasmus?
“Inizialmente non è stato semplice, partivo con una conoscenza dell’inglese base e soprattutto non ero abituata a parlarlo quotidianamente, né tantomeno sapevo il giapponese. Socializzare infatti è stato un po’ difficile e non nascondo di essermi scoraggiata spesso. Alla fine però mi sono ambientata bene, i momenti di interazione sono tanti, per me specialmente al dormitorio, quindi è facile e bello creare dei legami. Spesso abbiamo organizzato cene in cui ognuno preparava qualcosa di tipico del proprio Paese, ci siamo confrontati sulle diverse abitudini e tradizioni, ci siamo aiutati, e abbiamo trascorso insieme anche il Natale per cercare di ricreare un ambiente familiare, essendo tutti lontani da casa.
Inoltre ho sperimentato i “solo travel”, e credo che il Giappone si presti molto a questa tipologia di viaggio in quanto si può girare tranquilli in solitaria a qualsiasi ora del giorno e della notte praticamente ovunque. Io ho visitato in questo modo, oltre che Osaka, anche Nara, Hiroshima e Miyajima, Kyoto e Tokyo. E poi persino ad andare a mangiare da soli non si viene guardati storti, basti pensare alla celebre catena di ramen “Ichiran” dove parte del locale è destinata a singole postazioni”.
Cosa possiamo portare a casa da questa esperienza
Ci racconteresti qualche curiosità sullo stile di vita dei giapponesi e della loro cultura? Ci sono aspetti che integreresti nella tua vita una volta tornata a casa?
“Il Giappone e i giapponesi sono esattamente come li immaginiamo. Le case, le scuole, i paesaggi, il cibo, ma anche il loro modo di fare gentile, gli inchini, la timidezza, tutto: sembra di essere dentro un anime. Sono molto gentili, pacati e cercano di aiutarti sempre, e nonostante la timidezza, apprezzano anche socializzare con gli “stranieri” e stare in compagnia davanti al buon cibo e a qualcosa da bere, specie a fine giornata che per noi sarebbe l’ora dell’aperitivo. Infatti, mi è capitato di andare a cena alle 18 o addirittura alle 17:30, cosa impensabile in Italia. Poi vanno matti per il thè, spesso preso freddo dai distributori automatici sparsi in ogni angolo delle strade, specialmente il verde e il matcha, di cui si può trovare di tutto dai mochi, al gelato, ai Kit Kat. In Giappone poi si usa per lo più pagare in contanti nonostante sia un Paese fortemente tecnologico, e si è soliti appoggiare il denaro in delle vaschette, senza mai darli direttamente in mano. Una stranezza è che solitamente i prezzi sono indicati sia tasse escluse sia con accanto il prezzo finale, comprensivo di esse. Un altro aspetto completamente diverso è che si dispongono in fila ordinata ovunque, che sia per entrare nei ristoranti o per salire sui mezzi pubblici, nei quali si sta quasi completamente in silenzio. Inoltre, come è noto, i trasporti sono efficienti e puntuali, i cestini sono praticamente assenti, le strade e il verde pubblico sono sempre curati e puliti. Ugualmente i bagni pubblici, diffusissimi, in cui però è assente la carta per asciugarsi le mani ed è raro trovare gli asciugatori automatici, perché hanno con sé dei piccoli asciugamani nella borsa. Un’altra particolarità è che, specie da quanto ho notato a Nishinomiya, moltissime persone si spostano a piedi, tra cui gli studenti nel tragitto casa/stazione verso scuola, nonostante ci sia l’autobus. Soprattutto è strano, ma anche bello, vedere i bambini molto piccoli farlo ed essere molto autonomi.
Infine, tra le cose che mi sono piaciute particolarmente c’è ovviamente il cibo, non solo il sushi che si trova di ottima qualità e a poco prezzo, sempre fresco e di giornata anche nei supermercati, ma anche altri piatti come il curry giapponese, i vari noodles, e alcuni dolci come il melon pan, di cui mi sono follemente innamorata. Quindi credo che quando tornerò in Italia cercherò di replicare qualche ricetta come gli onigiri, altra cosa che mi è rimasta nel cuore. E magari perché no, prima o poi comprerò un cuoci riso, elettrodomestico indispensabile nelle cucine giapponesi!”.
Rifaresti questa esperienza? E cosa consiglieresti a chi deve partire?
“Anche se in alcuni momenti non è stato semplice, la rifarei assolutamente. È stato bello conoscere nuove persone con cui confrontarmi ed imparare cose nuove, così come scoprire una cultura piuttosto diversa dalla mia, ricca di storia e tradizioni affascinanti. A chi deve partire consiglio di vivere l’esperienza senza troppe paure e paranoie, ma soprattutto di darsi tempo e considerare che ognuno la vive in modo soggettivo e personale. Piano piano ci si abitua al nuovo contesto e si costruisce un nuovo pezzo di vita che, nel bene o nel male, insegna sempre qualcosa, ci arricchisce e ci fa crescere. Di certo la porterò sempre con me e cercherò di farne tesoro”.
Articolo scritto da Anna Bonadei e Laura Falconi
Se sei interessato alla lettura di altre esperienze clicca qui!