Per giorni non si è parlato di altro, se non di Patagonia, azienda americana di abbigliamento e accessori outdoor fondata da Yvon Chouinard nel 1973.
Il fondatore cosa ha deciso di fare?
Ha ridisegnato il futuro della società attraverso la divisione delle quote aziendali:
– il 98% delle quote sarà destinato ad un’organizzazione no profit, chiamata Holfast collective, che deterrà tutte le azioni senza diritto di voto e riceverà gli extra profitti generati dall’attività produttiva, in modo da poterli reinvestire in azioni concrete contro il cambiamento climatico e per la protezione della biodiversità.
– il 2% delle quote andrà alla fondazione Patagonia Purpose Trust che oltre a possedere tutte le azioni con diritto di voto, si occuperà di garantire una gestione aziendale fedele alle linee strategiche fissate dal fondatore.
Yvon Chouinard afferma di aver compiuto questo passo con l’intento di ispirare ed inneggiare ad una nuova forma di capitalismo e in modo tale da assicurarsi che Patagonia continui a fare negli anni la “cosa giusta” per il pianeta, facendo della salvaguardia di quest’ultimo il proprio scopo aziendale.
Quest’ultima mossa da parte del CDA dell’azienda segue, con coerenza, il percorso che da anni Patagonia ha intrapreso e portato nel mercato.
Ma cosa contraddistingue davvero Patagonia in questo mondo di Greenwashing?
Per risalire agli elementi che hanno fatto di Patagonia un’azienda con un forte impegno per l’ambiente e coerente nel proprio business, bisogna fare un salto nel passato.
L’inizio
Nel 1965, Yvon si mette in società con Tom Frost e insieme fondano la Chouinard Equipment. Dalla collaborazione nasce l’attrezzatura da montagna più forte e specializzata, ma anche molto dannosa per l’ambiente. Gli stessi, infatti, si resero presto conto che il materiale utilizzato deteriorava la roccia in cui i chiodi per l’arrampicata venivano conficcati.
Da qui nasce il primo vero passo green di Patagonia. Già dagli anni ‘70, infatti, l’azienda è stata in grado di mettere da parte i propri interessi a favore del benessere della montagna, sostituendo i chiodi con dei dadi di alluminio incuneati a mano, che escludevano il martellamento della roccia. Nel ‘72 i dadi vengono introdotti nel catalogo della Chouinard Equipment e venduti ancor prima di essere realizzati.
Innovatori, ma allo stesso tempo divulgatori
Il modus operandi di Patagonia potrebbe essere ricondotto all’innovare e informare. L’azienda, infatti, parla alla mente razionale del consumatore proponendo prodotti nuovi e all’avanguardia, comunicandogli, attraverso saggi presenti nel loro catalogo vendite, il corretto utilizzo e la descrizione tecnica di ciò che stanno offrendo al mercato.
La stessa logica si segue in futuro, quando si decide di ampliare il business all’abbigliamento per la montagna.
Anche in questo campo, Patagonia si fa innovatore e promotore di prodotti, sì funzionali per il consumatore, ma sempre a tutela dell’ambiente.
L’impegno concreto
A partire dagli anni ‘80 Patagonia si impegna a sostenere piccoli gruppi di attivisti che propongono azioni concrete per il territorio.
L’impegno, poi, riguarda dalla scelta materiale del catalogo, realizzato in carta riciclata, al materiale dell’abbigliamento sportivo che si proponeva, entro il 1996, di realizzare in 100% cotone organico, sostituendolo al cotone, in precedenza utilizzato, eccessivamente inquinante.
L’obiettivo è stato ampiamente raggiunto e anzi, allargato, tanto da porsi un altro traguardo: la realizzazione di capi con materiale riciclato.
Nel 2002 nasce l’iniziativa “1% for the Planet”, che si impegnava a versare l’1% degli extra profitti per supportare attività inerenti alla tutela ambientale; tutto ciò ha consentito anche ad altre aziende di seguire la stessa linea di pensiero Patagonia e quindi di aiutare altri gruppi attivisti del loro territorio.
“Don’t buy this jacket” è una campagna pubblicitaria del 2011 lanciata in concomitanza del Black Friday, durante la quale Patagonia si impegna a sensibilizzare i consumatori sugli acquisti consapevoli e responsabili, invitando loro a non acquistare qualora non ne avessero la reale necessità.
Dopo anni di impegni, con un salto temporale si arriva nel 2018, quando Chouinard e il CEO Rose Marcario hanno cambiato la mission aziendale in: “Patagonia è un business per salvare il nostro pianeta”.
Per tale ragione, ad oggi, appare ragionevole che l’azienda reputi come suo unico azionista, la Terra.
L’elemento distintivo
Potremmo definire, in conclusione, che ciò che contraddistingue il brand sia il cambiamento del modo di pensare e di fare business, mettendosi costantemente in discussione. Qualora non si dovessero trovare delle alternative più favorevoli all’ambiente, infatti, Patagonia è capace di inventare le proprie.
Autore: Lucrezia Sciamanna & Letizia Mele
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