Merchandising — Cristina Pisani
Continuano le testimonianze del corso di Shopper Marketing tenuto dalla Prof.ssa Maria Grazia Cardinali. Il 24 marzo e il 1° aprile, i Traders del I anno hanno incontrato la Dott.ssa Cristina Pisani.
Cristina Pisani dal 1991 si occupa di comunicazione visiva e visual merchandising. Grazie al suo background artistico all’Accademia di Brera, ci svela le commistioni tra l’arte, le sue regole e la professione del Visual Merchandiser
La testimonianza, di 4 ore, ha dato modo agli studenti di approfondire molti concetti, tra i quali il visual merchandising nello specifico, l’integrazione tra i canali, la comunicazione visiva per poi concentrarci infine sui concetti di semiotica, teoria del campo e del colore.
La Pisani si occupa di organizzare lo spazio espositivo all’interno dei punti vendita e della pianificazione annuale di vetrine e interni. La sua è una professione trasversale che tocca diversi ambiti: il sistema moda e retail ma anche la GDO nei freschi, nell’ortofrutta, nella macelleria e nella pescheria. L’obiettivo finale è sempre quello fornire al cliente un’occasione per entrare nello shop e gratificarlo con una shopping experience unica.
Il ruolo centrale appartiene quindi al consum-attore: svolge un ruolo attivo, è evoluto, informato e digitale. Per questo dev’essere messo nelle condizioni di vivere un’esperienza seamless dall’esterno dello shop fino al suo interno e anche aldilà del canale: niente fratture, solo coerenza e continuità in tutti gli aspetti.
Visual merchandising: obiettivi e finalità della disciplina
Ci addentriamo ora nel cuore del Visual Merchandising: non solo una professione ma una vera e propria disciplina.
È il marketing del punto vendita e di tutto ciò che promuove la relazione prodotto e consumatore finale.
Ha una doppia anima: quella estetica, che porta con sé la sensibilità per l’arte, e una parte economica, più di marketing fatta di statistiche e vendite. Le due anime devono essere integrate per consentire al consumatore di vivere un’esperienza immersiva e mettere il prodotto al centro.
Un primo esempio concreto di cosa significa visual merchandising lo vediamo con LUSH SPA – che si occupa di curare la persona attraverso il mondo del beauty sostenibile. Il negozio a cui facciamo riferimento in questo caso si trova a Londra, in Oxford Street: è il più grande spazio che Lush possiede a Londra e si compone di ristorante e caffetteria vegani, servizi al consumatore come la SPA e altri trattamenti altamente personalizzabili.
Il negozio è uno shop assolutamente fisico, che comunica con la facciata e la vetrina, presidiando lo spazio.
La testimone ci spiega che Lush in questo caso assume un carattere perentorio: non ha le grazie ma d’altra partenelle sue vetrine promuove un tema che è la rivoluzione dell’autoconservazione; si tratta infatti di prodotti la cui conservazione è naturale. La vetrina diventa quindi una cassa di risonanza dei principi e valori del brand: tutto è al 100% sostenibile, dalla shopping bag al packaging. Il punto vendita è di per sé iconico, necessita perciò di allestimenti speciali: le scenografie, con fiori e piante tridimensionali, per altro riproposte nel pannello grafico, hanno lo scopo di catturare l’attenzione di un passante frettoloso attraverso la presenza forte del colore, del gigantismo e del movimento. All’interno della vetrina fa da padrone un pannello bifacciale che comunica sia al lato strada sia all’interno dello shop sempre allo scopo di catturare l’attenzione. Ancora, una peculiarità è che i fiori sono sostenuti da una struttura rigida e alle spalle hanno un pannello solare che consente al fiore di muoversi.
È chiaro ai nostri occhi, quindi, come dietro alla pianificazione della vetrina ci sia uno studio attento e complesso, fatto di ricerca e prototipazione.
Il punto vendita a sua volta è diventato veicolo di scambio. È il luogo nel quale il cliente ricerca la relazione. Motivo per il quale devono esserci strumenti di facilitazione per replicare l’allestimento su tutta la rete e ricercare il coordinamento in tutte le fasi, che partono dall’ideazione del progetto creativo per arrivare alla stesura delle linee guida.
L’integrazione tra canali
L’attività del visual merchandiser non riguarda però esclusivamente lo spazio fisico: stiamo parlando del tema della gestione della multicanalità dove l’obiettivo resta quello di fornire allo shopper un motivo per navigare nel sito web o, ancora meglio, per recarsi in un negozio fisico.
Sempre Lush, questa volta a Tokyo, apre un concept store per promuovere e incentivare l’accesso di consumatori disabituati a frequentare lo spazio fisico, coinvolgendo i clienti sia offline che online. Con LushLens – che utilizza la realtà aumentata – si possono avere più informazioni sui prodotti, attraverso l’applicazione e il QR code.
Le bombe da bagno, best seller di Lush, hanno reinventato il modo di lavarsi, di farsi il bagno consentendo di vivere un’esperienza da un’azione banale. La sfida in questo caso è stata lavorare sulla profondità di gamma coinvolgendo il cliente: è spogliata del suo pack e oltre a perseguire l’obiettivo di rimuovere interamente il packaging dai prodotti, fornisce le informazioni ai consumatori solo attraverso il loro smartphone.
Lo shopper può in questo modo vivere un’esperienza immersiva e totalizzante con tutti e 5 i sensi e decidere anche di tornare nello shop: la bomba da bagno diventa perciò uno strumento per generare traffico.
Comunicazione visiva: applicazione delle tecniche all’esposizione delle merci sul punto vendita
Parlando di visivo, ciò che emerge immediatamente è che siano le immagini a giocare un ruolo preponderante. Si passa quindi dal visual merchandising al visual selling, cioè alla vendita visiva: le immagini sono utili perché instaurano in noi associazioni, relazioni ed emozioni.
Disaggreghiamo il meccanismo dietro al visual selling: il cliente riceve una serie di stimoli dall’ambiente come assortimento, Visual Merchandising, criteri espositivi, atmosfera, luci, suoni, colori, profumi. Questi stimoli hanno poi un effetto sul sistema affettivo del consumatore ricadendo sui suoi comportamenti in termini di percezione di comfort o disagio: cambiano per questo motivo aspetti come il tempo di permanenza del cliente all’interno del negozio, la tipologia di acquisto e dunque al desiderio di trattenersi o di uscire velocemente dallo shop.
Ma qual è allora il vero potere delle immagini?
Il contributo della comunicazione visiva al Visual Merchandising trova la sua realizzazione nel posizionamento dei prodotti e, soprattutto, nelle modalità in cui “entra” in contatto visivo con lo shopper. In altre parole, le immagini riescono a parlare attraverso schemi, segni e colori in modo universale ed efficace.
Entrando più nello specifico, Cristina ci ha illustrato le regole fondamentali del Visual Merchandising:
- Il rapporto figura/sfondo per cui ci dev’essere corretta relazione tra spazio percepito come pieno e spazio percepito come vuoto, altrimenti il cervello fa fatica a memorizzare, soprattutto se c’è poco tempo. Una piccola curiosità a questo proposito è che nella GDO non si segue la cultura del vuoto mentre nel retail sì.
- La simmetria rispetto a una composizione viene utilizzata per rendere ordinato e leggibile ciò che vediamo. In alcuni casi può risultare ripetitiva ed è per questo che è necessario non abusarne.
- L’equilibrio è dato dal bilanciamento del peso e dalla direzione che gli oggetti hanno nello spazio.
- La triangolazione significa usare uno schema visivo, in cui gli oggetti di una composizione sono impaginati in uno o più triangoli.
- Il ritmo; questo significa costruire una sequenza di oggetti. Il ritmo si può rompere introducendo un elemento di sorpresa per catturare ancora di più l’attenzione, valorizzando la qualità.
La comunicazione visiva è utile perché in ogni atto comunicativo c’è più di uno scopo. Inoltre, è interdisciplinare, ciò significa che le immagini devono essere lette e interpretate per essere realmente capite.
Con quest’ultima immagine abbiamo quindi provato ad esercitarci e comprendere cosa significa leggere le immagini: l’arcobaleno utilizzato globalmente dalla campagna di Louis Vuitton simboleggia un ponte tra mondi, ma anche una comunicazione cielo e terra, o ancora fiducia, ottimismo e pace.
Cos’è la semiotica?
La semiotica è la scienza che studia e analizza la natura dei segni, composti a loro volta da una forma, detta significante, e da un contenuto, chiamato significato. Ogni segno contiene, quindi, elementi percepibili dai nostri sensi, oggettivi, ed elementi astratti, intangibili.
Quando ci interfacciamo con un’immagine i nostri occhi e il nostro cervello applicano dei livelli di lettura, che possono essere sintetizzati in livello iconico, iconografico e iconologico. Il primo livello è descrittivo, il secondo livello ci permette di attribuire un significato ai segni che vediamo, mentre con il terzo livello si individuano elementi come lo stile dell’autore e l’epoca in cui una certa immagine è stata realizzata. Quest’ultimo livello richiede una cultura visiva più raffinata.
Una campagna iconica è quella realizzata per Vogue da Lernert&Sander, una coppia di fotografi, artisti e designer olandesi, utilizzando un linguaggio concettuale, ironico e dissacrante che rimane scolpito nella mente degli spettatori. Il progetto prende il nome di “Fashion Traps” e si incentra su relazioni di rimando tra il mondo della moda e il concetto di trappola.
Tutto il servizio è giocato sulla potenza delle immagini. Il visual merchandinsing si avvale, quindi, della semiotica per comunicare i messaggi, utilizzando la creatività progettuale in un contesto commerciale. La coppia olandese ha anche realizzato un film per COS (acronimo di Collection Of Style – H&M), in cui vengono imitati i suoni prodotti dai vestiti: il risultato è geniale in quanto lo spettatore è portato a concentrarsi sui dettagli della collezione di COS in modo originale, sfruttando la creatività progettuale.
Cos’è la Teoria del Campo?
Un’altra disciplina che è stata affrontata durante la testimonianza è la Teoria del campo: una teoria psicologica secondo la quale la percezione del dato visivo, ad esempio un paesaggio ma anche una vetrina, può variare da individuo a individuo.
Ad esempio, l’opera di Monet qui raffigurata può suscitare sensazioni diverse a seconda del contesto: se ci trovassimo nel contesto di una passeggiata domenicale, ci soffermeremmo su elementi che trasmettono serenità e rilassatezza, come il cielo limpido, la natura, il colore dei fiori.
Al contrario, se fossimo in un contesto di fuga, la nostra percezione si ridurrebbe alla ricerca di un luogo dove nasconderci. Questo esempio ci dimostra come gli stimoli dell’ambiente agiscono su di noi in modo diverso a seconda del contesto in cui ci troviamo.
Passiamo quindi dalla teoria alla pratica!
L’esempio è quello di un’insegna della GDO: Cristina Pisani ha seguito il progetto di riqualifica dei reparti freschi, la stesura delle linee guida e tutta la formazione del personale. In particolare, in aula ci si è soffermati sul banco pescheria. Il primo step è quello di mettersi nei panni del cliente e studiare il format, avvalendosi anche di store check.
Per definire il Visual del banco Pescheria si parte dalla mappatura dei banchi e poi dalla definizione dei cluster, stabilendo griglie assortimentali in funzione delle dimensioni del banco e del fatturato. Il risultato finale ci conferma che il pesce non va semplicemente disposto sul ghiaccio: è necessario seguire logiche precise, suddividendo il banco in aree, assegnando al prodotto spazi proporzionali alle vendite realizzate e monitorando le vendite anche in base al giorno della settimana. Come possiamo vedere, il Visual Merchandising coniuga gli aspetti commerciali di redditività e produttività dello spazio agli aspetti visivi.
Cos’è la Teoria del Colore?
La Teoria del colore è la scienza che studia e analizza il colore come linguaggio espressivo. Quello dei colori è stato forse il primo strumento di comunicazione dell’uomo. L’occhio umano è una macchina affascinante: nella retina sono presenti 3 pigmenti (rosso, verde e blu) che colorano la nostra vita e che forniscono un linguaggio alle nostre emozioni.
Pensate che l’occhio umano è in grado di registrare 7 milioni di colori, mentre le parole del vocabolario son poco più di 100.000!
Intorno al colore si concentrano diversi elementi: il colore è segno connotativo, comunicazione, linguaggio, elemento segnaletico, codice visivo ed elemento semantico. Il colore può essere dunque indagato da molti punti di vista: durante la testimonianza l’attenzione è stata posta sull’ambito della comunicazione visiva.
I colori primari sono il giallo, il rosso e il blu, che non possono essere formati da nessun altro colore. Se mescolati a coppie e nelle stesse quantità, danno vita ai colori secondari: arancio, verde e viola. Questi sono invece i colori complementari: il viola è il complementare del giallo, il verde del rosso e l’arancione è quello del blu. Sommando i colori complementari si ottiene il grigio neutro.
Alla vista dei COLORI corrispondono processi psicologici paralleli: gli effetti cromatici sono in grado di suscitare in noi emozioni, stimolando i centri della psiche e della spiritualità: il giallo è il colore più luminoso che stimola le idee, suscita una sensazione di espansione, libertà, è il colore della luce; il rosso è colore del fuoco e della passione, denota senso di forza, di determinazione; il blu è il colore dell’equilibrio, trasmette calma, quiete e armonia.
Un Visual Merchandiser deve essere in grado di padroneggiare tutti questi strumenti, che insieme possono dar luogo a risultati eccezionali. Il Visual Merchandising è una disciplina che richiede un’eterogeneità di competenze: la creatività progettuale da sola non basta, è necessario affiancare anche prerequisiti di natura analitica e competenze trasversali. Sicuramente un mestiere affascinante!
CURIOSITÀ
Dalle sue parole si percepisce una profonda passione per il suo lavoro, quale è la parte che più ama della sua professione?
…Della mia professione amo, soprattutto, la trasversalità e la valenza interdisciplinare.
Significa comprendere e aver ben chiari tutti i processi che possono portare al conseguimento dei risultati; dunque, una questione di obiettivi e di chiarezza d’intenti, che si raggiungono attraverso apertura mentale e disponibilità al confronto.
Trasversalità e interdisciplinarità sono dunque questioni importanti, legate saldamente alla disciplina del Visual Merchandising.
Della mia professione amo il confronto costruttivo: la parte più analitica e razionale esattamente come quella più creativa, che si esprime nella fase di progettazione di un percorso formativo come in quella di programmazione e di allestimento delle vetrine.
Cosa consiglierebbe a chi ha intenzione di intraprendere questa carriera?
Il consiglio che mi sento di dare (senza ergermi a modello), è quello di non smettere mai di studiare, di conoscere, di viaggiare con la mente e con il corpo, di sperimentare, di uscire dai propri schemi mentali e di essere curiosi e avere passione.
Rigore, disciplina, perseveranza…Ma anche grande apertura e soprattutto cultura visiva.
Significa quindi allenare occhio e cervello al bello, all’estetica, allo studio della storia dell’arte, alla moda, all’architettura e al design costruendo solide basi di conoscenza.
Quali sono tre requisiti che non possono mancare a un Visual Merchandiser?
Difficile rispondere; 3 requisiti potrebbero essere pochi… Ma se fosse necessario scegliere le più importanti non avrei dubbi: una solida cultura visiva, spirito di osservazione unitamente a capacità di ascolto e infine grande sensibilità nei confronti del prodotto che dovrà essere compreso e valorizzato. Dentro queste 3 doti, in realtà, se ne celano molte altre!
Articolo di: Diana Andreea Danila & Sara Serra