Ogni giorno i consumatori di tutto il mondo sono esposti a un numero incredibile di messaggi pubblicitari, che arrivano da qualsivoglia mezzo o canale. La mente umana non è però certamente in grado di immagazzinare tutte le informazioni che gli vengono fornite, spesso quindi si perdono dettagli costati alle aziende migliaia di euro e parecchi sforzi creativi.
Quando, però, una campagna pubblicitaria riesce a colpire, a suscitare sentimenti, a creare un’opinione attorno a sé, allora difficilmente viene dimenticata. E, sicuramente, le campagne di Oliviero Toscani non sono state e non saranno dimenticate; scopriamo perché.
Oliviero Toscani nasce a Milano nel 1942. Figlio del primo fotoreporter del Corriere Della Sera (Fedele Toscani), è conosciuto oggi come forza creativa di giornali del calibro di Elle e Vogue e di brand come Chanel, Fiorucci, Valentino.
È un sovversivo fotografo di moda, che è riuscito più di una volta a suscitare clamore in tutto il mondo utilizzando la fotografia pubblicitaria per rappresentare la realtà, adattandola quindi alla comunicazione di massa.
«La vita ha senso solo se si vive “contro”. Il conformismo uccide la creatività e finisce per annientare l’uomo» (Oliviero Toscani)
Sono gli anni Ottanta e l’Italia si prepara a un cambiamento epocale, soprattutto nel settore della moda. Sono gli anni dello sviluppo di internet, delle tendenze eversive della cultura urbana giovanile, dell’affermazione degli stilisti e della ridefinizione dei loro obiettivi.
Ecco che entra in scena Toscani: in questo periodo “ribelle e rivoluzionario”, egli vede nella pubblicità un mezzo di comunicazione che va oltre la mera volontà di vendere un prodotto; decide quindi di utilizzarla a scopo sociale.
Inizia qui la sua collaborazione con Luciano Benetton (United colors of Benetton): Toscani cura per circa vent’anni le campagne pubblicitarie del brand, e lo fa toccando temi come razzismo, AIDS, religione, inquinamento, guerre, condanna a morte, immigrazione, omosessualità, disturbi alimentari in maniera veramente singolare. Tutte le campagne sono parecchio provocatorie, e sono state spesso criticate fino ad arrivare addirittura ad essere denunciate o censurate (estratti di alcune campagne Benetton nell’immagine sottostante; in ordine a partire dal lato superiore sinistro: AIDS, condanna a morte, razzismo, omosessualità, religione, AIDS).
Ma è proprio questo lo scopo dello shock advertising: sviluppare campagne pubblicitarie in grado di creare forte impatto emotivo in chi le guarda. Spesso questo impatto emotivo suscita sentimenti quali paura, timore, ansia e senso di colpa; nonostante ciò, riesce comunque ad aumentare la brand awareness del marchio. Come? stimolando una risposta, positiva o negativa che sia; stimolando insomma una reazione da parte del consumatore.
Articolo di Chiara Sturniolo