Cosa volevi fare da grande?
Eri piccolo e già ti chiedevano di pensare al futuro, quale era la tua riposta?
Forse il medico.
No, l’astronauta!
Anzi, il pilota di auto da corsa.
Chiedendolo ad un bambino di oggi, non è difficile sentirsi rispondere “il gamer”.
Dopo un primo, naturale, momento di smarrimento, cercando informazioni a riguardo ci si rende facilmente conto di quanto questa realtà virtuale stia entrando sempre più nel quotidiano, reale, delle famiglie.
Facciamo però un po’ di passi indietro.
“e-games” non è altro che un termine moderno che fa riferimento alla sfera dei video giochi, ed i tornei che stanno proliferando e che li hanno ad oggetto vengono chiamati eSports (o e-Sports).
Può sembrare strano, ma la prima competizione organizzata di videogiochi risale al 1972, e fu sponsorizzata dal periodico statunitense Rolling Stone, che offrì come premio al vincitore un abbonamento annuale alla rivista.
Da quel momento, il fenomeno degli eSports ha avviato la sua ascesa grazie non solo alla bravura dei gamers (e dei loro agenti), ma anche alle sponsorizzazioni che sono alla base di queste competizioni.
E poi fu Twitch.
Quando, nel 2011, la piattaforma di streaming online fece il suo debutto, venne additata come una copia mal riuscita di YouTube, e per una gran parte della popolazione del tempo, Twitch venne messa in secondo piano.
“Per una gran parte della popolazione”, non per tutta.
Arrivati a questo punto è bene ricordare uno dei principi forse più importanti del marketing moderno: “trova la tua nicchia e specializzati”.
E questo è proprio quello che la piattaforma ha fatto.
In pochi sanno che Twitch è uno spin-off della piattaforma Justin.tv, sito inizialmente diviso in diverse categorie di contenuti, tra cui proprio quella dei videogiochi. In breve tempo però questi divennero uno dei contenuti più importanti del sito, al punto che Justin Kan ed Emmett Shear nel 2011 decisero di chiudere Justin.tv e focalizzarsi solo sulla nicchia del gaming, fondando Twitch.
Tornando ad oggi, è importante sapere che, secondo l’eSports Market Report, nel 2019 i guadagni di questo settore hanno superato il miliardo, mentre i fan si attestano intorno ai 500 milioni (entrambi dati in continua crescita).
Continuando con i numeri poi, alla Ice Totally Gaming – una delle manifestazioni più importanti per gli interessati – che si è tenuta a Londra ad inizio anno scorso hanno partecipato oltre 1.000 espositori e più di 25.000 visitatori nei tre giorni dell’evento, senza considerare ovviamente le dirette streaming, un must nel settore.
Con questi dati, non è difficile capire quali siano gli interessi delle aziende promotrici e partecipanti a questo tipo di eventi. Al mercato sono interessate aziende del calibro di Mercedes Benz, Intel, Adidas e, ovviamente, Red Bull.
Il perché è semplice: il target principale di queste iniziative è formato da ragazzi tra i 18 ed i 35 anni con un potere di acquisto molto alto (perché molti sono micro influencer che inseguono il sogno di diventare famosi), e questi eventi sono una vetrina per i prodotti. Postazioni ultra comode ed ergonomiche targate Mercedes, processori super veloci e performanti Intel, energy drink Red Bull per mantenere alte le prestazioni per ore ed ore e altri prodotti accessori (cuffie, schermi, mouse, tastiere, joypad) che mostrano i loro lati migliori nelle competizioni, stimolando il desiderio di acquisto per chi si limita anche solamente a vederli in funzione.
È chiaro quindi che “eSport” non è solo videogiochi, ma sta diventando soprattutto immagine. Ed è proprio per questo che Adidas, nel 2019, ha firmato un accordo di sponsorizzazione con uno degli influencer più importanti del momento nel settore, Tyler Blevins, aka Ninja, streamer diventato famoso grazie a quello che è possibile definire il “gioco del momento”, Fortnite.
Riflettendoci, quella di Adidas e l’eSport è una partnership molto particolare. Un brand diventato famoso per il suo accostamento allo sport “vero” (e sponsor di squadre di calcio del calibro di Juventus, Manchester United e Bayern Monaco tra le altre) che firma un contratto con un ragazzo che spende la maggior parte delle ore seduto a giocare ai videogiochi. Questo è sicuramente uno spunto interessante per capire in che direzione si stanno muovendo i brand (di successo), che stanno evolvendo insieme ai propri consumatori.
Aziende del calibro di Samsung (che ha una propria squadra di e-gamers), Monster Energy Drink, Armani Exchange (sì, Armani) sono partner dei team attualmente in cima alle classifiche italiane, con valutazioni da capogiro e ricavi.
Ma non sono solo le aziende. Non è certamente passato in sordina (e l’effetto desiderato era proprio questo) l’evento online che ha visto come protagonista il rapper Travis Scott. La superstar americana ha intrattenuto, con un brevissimo concerto su Fortnite, più di 12 milioni di persone connesse virtualmente per quello che potrebbe essere, almeno in parte, il futuro della musica “dal vivo”.
Per te che sei arrivato a leggere fino a questo punto, ecco una piccola curiosità da raccontare semmai ti capitasse l’occasione: questo di Travis Scott non è stato il primo evento di questo tipo!
Marshmello, Christopher Comstock per i genitori, il 2 febbraio 2019 – sempre su Fortnite – ha “inaugurato” questo tipo di eventi con il suo “Giga DJ Set”. Lo sapevi?
Volendo tirare le somme quindi, l’esperienza di Twitch è la conferma che per diventare grandi bisogna partire dal piccolo, focalizzarsi su una nicchia ed espandersi comprendendo quelle che sono le necessità del tuo target.
E fare sponsorizzazioni. Quelle aiutano sempre.
Il fenomeno degli eSport è in ascesa e non ne vuole sapere di rallentare, tanto che si parla di inserirli tra le discipline delle prossime Olimpiadi di Parigi del 2024 (solo giochi “non violenti”).
Una trovata per “ritargetizzare” questo importantissimo evento di fama mondiale, attirando anche ragazzi che fino a quel momento avevano visto gli atleti fisicamente perfetti con diffidenza, o un pretesto per aumentare le richieste di budget per le pubblicità?
Vedremo – magari in streaming – come andrà a finire.
Creato da Luigi Coppola