Quante volte sarà capitato, a chi ha fratelli o sorelle soprattutto più piccoli di età, di sentirsi chiedere “Non è che mi presteresti quel tuo *capo di abbigliamento qualsiasi*? Giuro che non te lo rovino!”.
Quanti “no” avete detto? E quanti ne avete invece veramente rispettati, senza farvi muovere dalla compassione e rimpiangendolo il giorno dopo, vedendo le condizioni in cui ve lo riportano?
Ebbene, questo “prestare i vestiti” è un comportamento sempre più naturale, in particolar modo per le nuove generazioni. Da un po’ di anni a questa parte infatti il concetto di sharing si è allargato, orientandoci verso una direzione in cui il consumo non è più originato dal possesso, ma dalla possibilità di poter utilizzare, anche solo per un limite di tempo definito, un oggetto. È terminato il tempo di possedere sostituito da quella che viene definita come “esperienza di consumo”.
E questo vale in qualsiasi campo, a partire dal modo in cui adesso guardiamo i film e ascoltiamo la musica – quale percentuale sarà più alta, quella di chi compra film in DVD e CD musicali, oppure gli utilizzatori di Netflix e Spotify? –, passando per il fenomeno in fortissima crescita delle auto a noleggio, fino ad arrivare al settore dell’abbigliamento.
Sì, infatti a guidare la crescita del fashion renting è soprattutto il noleggio online che, secondo Allied Market Research, nel 2023 varrà la cifra record di 1,9 miliardi di dollari. Un trend confermato anche da uno studio di Espresso Communication per DressYouCan, startup milanese protagonista di questo particolare fenomeno.
Come non parlare poi di alcuni dei trend più in voga di questa nuova decade iniziata? La sostenibilità, l’economia circolare e le “buone pratiche di riciclo”, unite alle nuove tendenze ed ai nuovi bisogni del consumatore più giovane, hanno fortemente influenzato il mercato della moda portandolo a sviluppare questo segmento.
Ma come funziona questo particolare fenomeno?
Abbiamo citato una startup tutta italiana, DressYouCan, che vanta d’essere il primo servizio di noleggio fashion in Italia. In piena ottica di creazione di una positiva customer experience, il servizio offerto è semplice e comodo, e permette alle donne di risparmiare tempo davanti all’armadio. Secondo uno studio del The Telegraph infatti, queste spendono in media ben 287 giorni della loro vita a cercare nell’armadio l’outfit da indossare, tempo che i relativi compagni passano al telefono che puntualmente si scarica durante quegli infiniti “cinque minuti”. Ma come riesce questo servizio ad evitare i classici ritardi dovuti alla scelta dell’outfit?
La procedura è molto semplice:
– Vai sul sito, scegli l’abito, i capi o gli accessori che vuoi noleggiare e seleziona la tua taglia;
– Seleziona la data per la quale intendi indossarlo, indicando la data dell’evento.
– Procedi alla prenotazione.
Il noleggio parte da un giorno prima dell’evento fino a due giorni dopo lo stesso (3 notti in totale), ed il capo è ritirabile sia gratuitamente in negozio che, in alternativa, può essere consegnato e ritirato a pagamento a domicilio.
“Si, ma come faccio a scegliere UN SOLO vestito ed essere sicura che mi stia bene?”
Niente paura, l’azienda ha previsto questa ipotesi. I capi ti verranno consegnati, nel giorno d’inizio del noleggio, con dei sigilli, che puoi rimuovere in caso di utilizzo dell’abito, o lasciare intatti nel caso di inutilizzo. Puoi quindi noleggiare più vestiti ed indossare unicamente quello che preferisci. L’importo del pagamento dei vestiti noleggiati ai quali non è stato rimosso il sigillo verrà accreditato nuovamente sulla carta utilizzata per il pagamento.
“Ed io dovrei rischiare di arrivare il giorno prima dell’evento con un vestito che non sono sicura mi stia bene?”
Ancora, l’azienda ha pensato ad una soluzione anche per questo problema. Pagando 20 euro, si avrà la possibilità di provare a domicilio i capi e decidere in un secondo momento se noleggiarli o meno.
Ed, infine, l’aspetto più importante: la tintoria e l’orlo per gli abiti lunghi sono inclusi nel servizio.
Ma perché questo fenomeno ha preso piede?
Il noleggio di vestiti è da sempre esistito, ma adesso sta esplodendo ed ha trovato una sua dimensione grazie all’online, ed in particolare grazie allo sviluppo di servizi di consegna sempre più veloci ed affidabili. Ma non è solo questo. È il consumatore ad essere cambiato, ad essere pronto ad accettare questo tipo di cambiamento.
E di questo nuovo atteggiamento fa parte anche un nuovo fenomeno, in Italia forse ancora di nicchia, ma pronto ad espandersi. Parliamo del second-hand purchase, l’acquisto di prodotti di “seconda mano”.
Boston Consulting Group ha realizzato il True-Luxury Global Consumer Insight 2019, evidenziando come questo mercato abbia un valore di circa 22 miliardi di dollari e sia trainato, come ci si può facilmente aspettare, dalle piattaforme digitali. Il fenomeno è in crescita e conta circa un +12% annuo, per via soprattutto di un rapporto qualità/prezzo ottimale e per la possibilità di acquistare articoli sold-out, limited edition e oggetti vintage.
Un aspetto da non sottovalutare è legato al fatto che l’acquisto di prodotti di seconda mano permette di ridurre, seppure solo in parte, l’inquinamento ambientale. Acquistare capi d’abbigliamento già prodotti vuol dire non acquistarne di nuovi, ed è oggi una pratica utile alla salvaguardia del pianeta dal momento che, secondo il The Guardian, se nei prossimi anni non ci sarà un’inversione di rotta, l’industria del tessile sarà responsabile di un quarto del consumo del carbon budget, causando un aumento di almeno 2 gradi della temperatura.
Sono diverse le piattaforme che oggi trattano questo tipo di prodotti. La più celebre è forse Depop, azienda londinese che riunisce fotografi, artisti e soprattutto influencer, anche del calibro di Chiara Ferragni e Mariano Di Vaio e che permette appunto di acquistare prodotti precedentemente appartenuti a qualcun altro.
Altrettanto importante è la statunitense The RealReal, che sfrutta il metodo del White Glove Service – un servizio per il quale un esperto valuta l’articolo insieme al venditore – per mantenere alta la qualità dei capi che transitano sulla piattaforma. E proprio quest’azienda ha definito Supreme, celebre marchio di abbigliamento streetwear, come il player con più alto valore di rivendita della passata decade.
Anche Vinted è una piattaforma che gli utenti possono utilizzare per vendere o scambiare abiti usati. Più di 120.000 articoli sono attualmente elencati, con un prezzo medio per articolo di 15 euro. È stata fondata nel 2008 a Vilnius, in Lituania (dove sono state le nostre traders Fiamma e Giulia), ed attualmente registra circa 23 milioni di iscritti in tutta Europa.
Se questi sono i trend, cosa stiamo aspettando? Iniziamo subito ad alleggerire i nostri armadi da tutti quei capi che “mi piaceva quando l’ho comprato, adesso non più”, e diamogli una nuova vita!
Evitiamo di spendere soldi per vestiti che probabilmente metteremo una sola volta, ed investiamoli in altro.
Facciamo del bene al pianeta, alle nostre tasche e, soprattutto, ai nostri compagni che ci stanno aspettando da più di un’ora.
Creato da Luigi Coppola