Il termine “packaging” è ormai diventato parte dello slang di ogni manager, dato che oggi riveste un ruolo centrale nelle strategie aziendali, tanto da poter essere considerato la “quinta P” del marketing-mix. Volendone dare una definizione, il packaging è il contenitore a diretto contatto con il prodotto, l’elemento che lo protegge e lo preserva. Limitarsi a questo aspetto funzionale è però una visione miope e incompleta. Infatti, il ruolo del packaging va ben oltre: identifica il prodotto e lo distingue da quello della concorrenza, veicola informazioni, contribuisce al posizionamento, dialoga direttamente con il consumatore e facilita la distribuzione in termini logistici.
Il food packaging
La letteratura di marketing considera il food packaging come un elemento estrinseco del prodotto e del brand. Nella prospettiva del consumatore, il suo ruolo è fondamentale soprattutto nel processo di acquisto: il contenitore è infatti il primo elemento del prodotto con cui entra in contatto e pertanto condiziona ne fortemente la scelta. Non solo, il pack è anche il principale mezzo di comunicazione che le aziende produttrici hanno a disposizione, in punto vendita, per trasmettere informazioni sulle caratteristiche dell’alimento (come ingredienti e luogo di origine), sull’identità del brand, sul suo posizionamento e sulla sostenibilità (ambientale e sociale). In un contesto distributivo sempre più a libero servizio il packaging è chiamato a svolgere lo stesso compito che in passato era proprio del personale di vendita: attraverso il pack il prodotto si racconta al consumatore, attiva quei network associativi alla base della scelta di acquisto e offre dei validi motivi per essere preferito a quello dei competitors. Ciò significa che il food packaging, oltre a una fondamentale funzione tecnica di garantire ottime performance in termini di sicurezza, igiene e composizione chimico-fisica degli alimenti, ha anche una imprescindibile funzione estetica.
Quando il food packaging è definito sicuro?
Il contenitore viene considerato sicuro quando è realizzato con materiali idonei al contatto con gli alimenti. Dato che il settore alimentare è particolarmente delicato, il packaging deve essere prodotto in uno stabilimento certificato BRC con materie prime che rispettino i requisiti in termini di affidabilità, bassa migrazione e basso odore. Ma oggi la sicurezza è sempre più legata alla sostenibilità: si utilizzano imballaggi naturalmente biodegradabili e riciclabili, come carta e cartone, con vantaggi sia per i consumatori che per l’ambiente. Lo scorso gennaio l’Osservatorio Packaging del Largo Consumo ha rilevato che nel 2022 il 65% degli italiani ha scelto prodotti con “packaging sostenibili” a dimostrazione del fatto che, anche in uno scenario macroeconomico complicato, i consumatori sono disposti a pagare di più pur di proteggere il Pianeta. Secondo l’indagine, sono quattro le caratteristiche su cui i consumatori italiani basano le loro scelte eco-friendly: assenza di over-packaging (imballaggio superfluo che aumenta inutilmente la quantità di rifiuti prodotti), ridotte quantità di plastica, possibilità di riciclare l’imballaggio e sua “compostabilità”, cioè la capacità di decomporsi biologicamente.
Blu, giallo o rosso? Il miglior colore del pack è indicato dal neuromarketing
Un imballaggio alimentare, oltre a essere sicuro, di qualità e sostenibile, deve essere anche accattivante. Tra gli elementi grafici del packaging il colore riveste un’importanza primaria, poiché è dimostrato che ha un forte impatto sui processi di attenzione selettiva, sulla percezione e sulla capacità mnemonica del consumatore. Per studiare il ruolo del colore del pack sul processo di acquisto si fanno esperimenti di neuromarketing: con l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI) è possibile analizzare l’impatto della confezione sulla percezione gustativa del prodotto a livello cerebrale, andando a valutare come diversi colori portino a diverse attivazioni dell’ipotalamo e quindi a diversi giudizi sull’appetibilità. I risultati hanno dimostrato che il colore è in grado di incidere sulla percezione del gusto e sul desiderio di assaggiare un prodotto alimentare: ti è mai capitato di sentire l’acquolina in bocca alla sola vista di una variopinta busta di caramelle?
Articolo di Filippo Guerrini