In quanto piattaforma di second-hand, Vinted fa del vintage un mezzo che assicura ai consumatori di allungare il ciclo di vita degli abiti e di seguire con più rigore la logica del un-capo-dentro-un-capo-fuori, senza più far gravare interamente sul singolo l’incombenza della riduzione dell’impatto ambientale.
Non lo metti? Mettilo in vendita su Vinted!
Questo è uno dei claim di Vinted, la piattaforma leader nel mercato del reselling e del second-hand con oltre 32,5 milioni di fatturato annuo, un mercato che ad oggi è in costante crescita e conta 3,5 milioni di utenti registrati solamente in Italia. Di per sé, Vinted nel nostro paese conta una community di 65 milioni di utenti e un incremento di 11 milioni di iscritti all’anno.
La crescita esponenziale di Vinted, come anche di altre piattaforme simili, è stata favorita dalla maggiore attenzione dei consumatori verso i temi della sostenibilità. Parliamo nello specifico di chi ha assunto un atteggiamento critico verso il fast fashion e verso lo smaltimento degli scarti tessili derivanti da iperproduzioni industriali
Oltre ad avere un’ampia scelta di prodotti e taglie, il funzionamento di Vinted è immediato e intuitivo; è poi dotato di un metodo di pagamento sicuro grazie alla fee buyer protection. In generale fa sentire i consumatori più coscienziosi durante i loro acquisti e coerenti con i propri valori più profondi.
Ma in che modo Vinted è riuscita a diventare leader di mercato?
La piattaforma di marketplace C2C è stata lanciata nel 2009 in Finlandia, per poi espandersi nel 2011 in USA e UK, proponendosi di mettere incontatto acquirenti e venditori.
Dal 2011 Vinted è poi andata incontro a dei periodi di crisi da cui è riuscita a riemergere grazie all’introduzione di alcuni importanti strategie come l’eliminazione delle commissioni per i venditori, un servizio clienti attivo 24/7, la buyer protection fee e soprattutto un’intensa attività di brand marketing. Grazie a quest’ultimo nuovo cambiamento Vinted ha iniziato a configurarsi come una vera e propria community, con azioni di engagement come scambio di like, commenti, followers, chat e profili con foto, creando interazioni di poco distanti da un social network. In altre parole, ciò che ha fatto Vinted è stato inserire all’interno del suo marketplace l’esperienza della socialità dello shopping – condividere con gli amici il nuovo look dal camerino – amplificandola.
Se state leggendo questo articolo vi sarà di sicuro capitato di acquistare un capo su Vinted o di essere capitati nella home del marketplace e di averne apprezzato gli innumerevoli vantaggi e l’indubbio importante ruolo nella sostenibilità; è importante però abbandonare l’euforia che potrebbe scaturire in un primo momento dalla convenienza di prezzo per restare coscienti del fatto che se dovessimo realmente seguire i più alti principi morali per il rispetto dell’ambiente dovremmo scegliere di non comprare affatto. Lungi dal suggerire metodi radicali di deprivazione, potremmo invece seguire alcune tips durante il nostro shopping su Vinted, come pensare se si ha davvero bisogno del capo prima di acquistarlo, se è coerente con il nostro stile e il nostro armadio; ma anche ragionare sull’inquinamento da combustibili fossili generato da più spedizioni che partono verso lo stesso acquirente e optare invece per ordini congiunti.
Sostanzialmente se si vuol fare davvero bene all’ambiente, la chiave è acquistare meno d’impulso e consapevolmente, anche su Vinted. Con il passare del tempo, questo approccio più consapevole ci ripagherà con acquisti e capi migliori nell’armadio!
Articolo di Sara Serra