Con la recente attribuzione delle tre stelle Michelin al noto Chef Antonino Cannavacciuolo salgono a dodici i ristoranti italiani che la “Rossa” ha premiato con il suo massimo riconoscimento. Che nel nostro Bel Paese si mangiasse bene lo sapevamo già, ma è sicuramente un vanto trovarsi nelle prime posizioni della Guida Michelin, che rappresenta oggi uno dei maggiori riferimenti a livello mondiale per la valutazione della qualità di ristoranti e alberghi.
In realtà, però, le stelle Michelin sono solo la cosiddetta punta dell’iceberg di un sistema che ha l’obiettivo di valorizzare i migliori ristoratori e albergatori a livello internazionale, creando un indotto economico rilevante. I ristoranti premiati, o anche solo citati, dalla Guida diventano infatti spesso poli di attrazione per turisti alto-spendenti che in molti casi scelgono la loro destinazione proprio sulla base dell’esperienza che li attende. Gli “stellati” sono vere e proprie attrazioni delle città d’arte, e contribuiscono alla creazione di un place brand di valore in grado di richiamare visitatori con capacità di spesa medio-alta, creando così una sinergia tra marketing territoriale e marketing gastronomico.
Ma cosa unisce un’industria di pneumatici con una guida eno-gastronomica?
La risposta è una geniale idea di marketing. A fine Ottocento la Michelin era già leader nella produzione di pneumatici, ma i fondatori avevano l’ambizione di crescere ancora di più. Come insegna Philip Kotler in “Marketing Management” un’Impresa Dominante ha tre possibili alternative per poter espandere il proprio mercato: trovare nuovi usi per il prodotto (ma per quanta fantasia si possa avere uno pneumatico rimane pur sempre uno pneumatico…), individuare nuovi clienti o cercare di indurre un maggior uso del prodotto negli utilizzatori esistenti. All’epoca però l’auto era un lusso che pochi potevano permettersi (in tutta la Francia ce ne erano circa tremila), pertanto attirare nuovi consumatori non sarebbe stata un’impresa facile. Così la Michelin pensò bene di convincere le persone ad usare di più gli pneumatici. Ma come?
L’intuizione dei fratelli Édouard e André Michelin
L’invenzione della Guida aveva l’obiettivo di creare un bisogno nel consumatore francese, quello di sperimentare nuovi ristoranti, nuove cucine, di vivere un’esperienza autentica che andasse oltre il tradizionale bistrot sotto casa. Per farlo era necessario spostarsi con la propria automobile percorrendo anche molti chilometri, ed ecco che nasceva quindi un secondo bisogno: cambiare più spesso gli pneumatici. Non è un caso che molti dei migliori ristoranti contenuti nella prima Guida Michelin (del 1899) si trovassero nel Sud della Francia, spingendo così i consumatori parigini a fare lunghe gite fuori porta nel fine settimana.
On the road
Inizialmente la “Rossa” era una vera e propria guida di viaggio (gratuita) pensata per gli automobilisti: conteneva mappe, procedure per cambiare una ruota, indicazioni per trovare le stazioni di servizio lungo l’itinerario e una lista di ristoranti e alberghi per il pernottamento. A partire dal 1920 i fratelli Michelin decisero di apportare alcune modifiche introducendo delle caratteristiche che connotano la Guida ancora oggi: iniziarono a classificare i ristoranti in base a categorie specifiche, reclutarono una squadra di “avventori misteriosi” (oggi noti come ispettori) deputati alle recensioni, fino a introdurre, nel 1931, la famigerata scala basata su tre stelle.
Il piccolo libro rosso
Oggi la Guida Michelin, soprannominata anche piccolo libro rosso per il colore della sua copertina, è una delle principali istituzioni del mondo culinario e non si rivolge più solo agli automobilisti, bensì a tutti gli appassionati di alta cucina. Nella classificazione, però, si può ancora vedere il retaggio del motivo per cui la guida fu originariamente creata: una stella significa infatti che il ristorante è “interessante”, due stelle che “merita una deviazione”, mentre tre stelle che “vale il viaggio”. Alle tradizionali stelle è stata poi affiancata anche una stella verde dedicata a tutti i locali che si impegnano attivamente per rendere la cucina sempre più eco-sostenibile, credendo nella sperimentazione e nella riduzione degli sprechi alimentari per costruire un futuro migliore.
Filippo Guerrini