Se di recente avete rinnovato la vostra carta d’identità sappiate che siete stati inconsapevolmente vittime dell’effetto Framing. Quando? Nel momento in cui vi è stato chiesto il consenso per la donazione degli organi post mortem. Anzi, per essere più precisi, nel modo in cui vi è stato chiesto.
Nel grafico potete osservare il numero di donazioni degli organi di defunti in vari Paesi. La maggior parte sono Occidentali, democrazie basate sul mercato libero, condividono leggi e norme culturali ed economiche. Eppure, le differenze sono evidenti, anche in Nazioni fisicamente (e non solo) molto vicine tra loro, come Belgio e Olanda. Qual è la motivazione?
La risposta sta proprio nelle modalità di richiesta del consenso:
- – In Olanda si tratta di un consenso informato, con una domanda come “Se desideri che i tuoi organi vengano donati in caso di decesso, spunta la casella qui sotto”;
- – In Belgio troviamo, invece, un consenso presunto, con una formula del tipo “Assumiamo che, in caso di decesso, tu sia disposto a donare i tuoi organi. In caso contrario, spunta la casella qui sotto”.Ebbene, cioè che hanno in comune i Paesi con il più alto tasso di donazione di organi è proprio il basarsi sul consenso presunto dei cittadini. Ed è proprio questo che gli economisti comportamentali chiamano Effetto Framing: modi diversi di porre la stessa domanda conducono a risultati molto diversi.
Il problema della malattia asiatica
Gli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky pubblicano nel 1981 i risultati del loro rinomato esperimento Il problema della malattia asiatica (The Asian Disease Problem), nel quale venne posto ai partecipanti il seguente quesito:
Immaginate che il vostro Paese si stia preparando ad affrontare una malattia asiatica che dovrebbe causare la morte di 600 persone. Per fronteggiare questo evento, quale dei seguenti programmi preferireste?
- – Programma A: verranno salvate di sicuro 200 persone
- – Programma B: vi è una probabilità del 33% di salvare tutti e una probabilità del 66% di non salvare nessunoAd un secondo campione venne posta la stessa domanda, ma con i seguenti diversi programmi d’intervento:
- – Programma C: moriranno di sicuro 400 persone
- – Programma D: vi è una probabilità del 33% che nessuno morirà e una probabilità del 66% che muoiano tuttiLa grande maggioranza degli intervistati (72%) ha scelto il Programma A quando il messaggio era incorniciato positivamente in termini di vite salvate; mentre la maggioranza ha scelto il Programma D (78%) quando il messaggio aveva un inquadramento negativo in termini di vite perse.Eppure, leggendo attentamente, ci si accorge che il contenuto informativo delle due coppie di messaggi è identico. Il differente modo di codificare la certezza della vita nel primo gruppo e la certezza della morte nel secondo ha indotto a modificare il grado di avversione al rischio dei partecipanti. Ed è proprio questo il grande potere del Framing.
Le implicazioni del Framing
Tali distorsioni percettive sono del tutto naturali nel cervello umano, a prescindere da età, classe sociale e istruzione. Si tratta di costruire una cornice, un confine, attorno ad un’informazione, così da concentrare tutta l’attenzione verso ciò che è presente al suo interno a discapito di ciò che si trova al di fuori di essa (to frame: incorniciare, bordare). È ovvio che tale strumento possa anche essere utilizzato in malafede per convogliare il consenso verso una particolare decisione piuttosto che un’altra (to frame: incastrare).
Per capire meglio le implicazioni del Framing, un altro esperimento che merita di essere citato è quello di Benjamin Toll, che con i suoi collaboratori lo ha esaminato nelle misure per smettere di fumare. Ad un gruppo di partecipanti vennero mandati messaggi incorniciati positivamente, come:
“Se mantieni le tue ragioni per smettere, avrai maggiori possibilità di successo”, “Quando smetti di fumare, prendi il controllo della tua salute. Risparmi i tuoi soldi”, “Se nessuno fumasse, 430.000 vite sarebbero salvate negli Stati Uniti ogni anno”
Ad un altro gruppo vennero invece mandati messaggi formulati negativamente:
“Se continui a fumare, non prendi il controllo della tua salute. Sprechi i tuoi soldi”, “Poiché le persone fumano, ogni anno negli Stati Uniti si perdono 430.000 vite”
I risultati? È emerso che i partecipanti nella condizione di cornice positiva avevano una probabilità significativamente maggiore di segnalare l’astinenza continua dal fumo.
Potete adesso farvi un’idea sull’efficacia e correttezza degli attuali messaggi presenti nei pacchetti di sigarette nel nostro Paese.
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[Articolo tratto dal libro “Behavioural Economics and Experiments” di Ananish Chaudhuri, facente parte del materiale didattico del corso di Behavioural Economics]
Articolo di Giovanni Romano