Le tecniche di advertising non sono materia esclusiva delle economie neoliberiste. Ancora prima dell’indipendenza americana, i commercianti europei capirono che l’arrivo dei loro prodotti nei porti del nuovo mondo dovevano non solo essere adeguatamente comunicati, ma anche resi riconoscibili per poter essere ricercati (quindi diffusi) su larga scala.
Fu esattamente per questo scopo che, circa un secolo dopo, venne sfruttato l’innovativo cinematografo, dove venne riscoperta la potenzialità della dimensione visiva per gli obiettivi di brand recall dopo il boom della diffusione radiofonica. Da lì in poi prodotti e cinema hanno iniziato a vivere un connubio che sembra destinato a non finire mai, attraverso tecniche sempre più sofisticate e specifiche.
Le tipologie di product placement
Il product placement consente ad un’impresa, in estrema sintesi, di aumentare la riconoscibilità dei propri prodotti, brand, payoff, attraverso l’inserimento di questi all’interno di opere, narrazioni e contesti non direttamente collegati al loro mercato di riferimento. Si tratta di una materia molto variegata e mutevole, specie se analizzata tirando in causa i macrotrend che mostrano una generale convergenza di detti mercati, sicuramente più grandi ma al contempo maggiormente segmentati.
Ma è certamente all’interno del cinema che questa strategia si concretizza nella sua forma più creativa. Ci sono diverse tipologie di product placement, che possono essere classificate a seconda delle modalità in cui avviene l’inserimento del prodotto, brand, payoff, all’interno del flusso/contesto della trama:
- Screen placement (visuale): questa modalità prevede che il prodotto o il brand siano presenti in primo piano o sullo sfondo, quindi visibili dallo spettatore;
- Script placement (verbale): il brand o prodotto viene citato da uno o più personaggi, quindi all’interno dei dialoghi;
- Plot placement (integrato): il prodotto non è semplicemente parte integrante della narrazione, ma quest’ultima può anche essere scritta e concepita proprio attorno al prodotto stesso.
Le collaborazioni dei Lumière
Proprio i fratelli cineasti diedero inizio ad una cooperazione con alcuni imprenditori dell’epoca. Nel film Washing Day in Switzerland si assiste al primissimo caso di product placement all’interno di un’opera cinematografica, con la comparsa e il riferimento esplicito al sapone Sunlight di Lever Brothers. Tale azione non fu solo una scelta strategica di Francois-Henri Lavanchy-Clarke (promotore e distributore del prodotto) ma anche un’occasione per i Lumière di ammortizzare i costi di produzione grazie ai contributi ricevuti per l’inserimento del prodotto nello screenplay.
Dagli anni ’80 ad oggi
Non è un caso che proprio il decennio di Reagan e Tatcher coincida con un massiccio utilizzo del product placement all’interno delle produzioni hollywoodiane. Gli obiettivi di internazionalizzazione e crescita delle multinazionali hanno spinto a ricorrere a questo meraviglioso strumento di comunicazione di massa sia per aumentare esponenzialmente la brand awareness, sia per cominciare a definire i principi e gli ideali che potessero permettere di associare un prodotto/brand ad uno stile di vita, ad un ideale, ad un immaginario fantastico, surreale e fiabesco. Questo processo di definizione della brand identity anche attraverso la loro presenza nell’industria del cinema, da allora, non si è più fermato.
Gli esempi sono molteplici: basti pensare alle caramelle Reese’s Pieces utilizzate da Elliot nel film E.T., all’iconica automobile DeLorean in Ritorno al Futuro, all’intramontabile versione del Martini richiesto da James Bond, i Ray-Ban di Tom Cruise in Top Gun
Oltre a semplici, prodotti, il cinema ha permesso anche la valorizzazione di territori e popoli. La cultura americana non si è forse più diffusa grazie ai miti del grande schermo? In quel momento abbiamo appreso le loro abitudini e le loro usanze, l’American Way of Life, una vera e propria teatralizzazione di una nazione; ancora, l’impatto del film Vacanze Romane sull’immaginario di Roma oltreoceano; film come Benvenuti al Sud o Basilicata Coast to Coast che hanno mosso importanti flussi turistici nel nostro Paese.
Conclusioni
Le possibilità offerte dal product placement cinematografico sono molteplici e hanno un incredibile potenziale, soprattutto in un periodo storico in cui le produzioni si sono adeguate alla grande richiesta della domanda. Eppure il risultato non è sempre assicurato: il rischio di creare associazioni sbagliate a seguito di un non corretto inserimento nello script potrebbe avere effetti tutt’altro che positivi. Anche nella scelta di questa strategia, insomma, non bisogna mai perdere di vista l’importanza della coerenza con i pilastri valoriali dell’impresa: sarebbe stato lo stesso far bere un Martini “shaken, not stirred” a Robert de Niro in Taxi Driver?
Articolo di: Giovanni Romano