Il vademecum del CEO Giuseppe Morici
Quante volte ti sei chiesto come essere un buon leader?
La risposta ci viene da Giuseppe Morici, CEO di Bolton Group, che i Traders del I anno hanno avuto l’occasione di incontrare. Bolton Group è una multinazionale tutta italiana con sede a Milano che gestisce un portafoglio prodotti di oltre 50 marchi, fra i quali annoveriamo Rio Mare, Smac, Neutro Roberts, Brioshi, Collistar.
Il gruppo è da sempre presente nella quotidianità delle persone e nonostante l’apparente complessità nel mantenere integro un articolato tessuto, il CEO sostiene funzioni organicamente grazie alla puntuale comunicazione su tutti i livelli.
Giuseppe Morici, nel corso della testimonianza, più che focalizzarsi su contenuti meramente tecnici, presenta i suoi libri e si dimostra ben aperto ad un dibattito con il docente e con gli studenti.
A questo punto l’amministratore parla di se e racconta del suo percorso di crescita bottom-up. Prima di Bolton Group lavora in Barilla e ancor prima in Bolton (ricoprendo una carica differente) e P&G, con una buona esperienza in consulenza.
Parliamo di un leader che ha forgiato da se il proprio stile, avendo vissuto diverse realtà, siano esse public, in quotate, in aziende italiane e anglosassoni, divenendo un unicum con il tessuto aziendale. Riferisce anche le diversità negli approcci di marketing in Barilla, orientata allo storytelling, in P&G, orientata alla razionalità e funzionalità, e in consulenza, esperienza orientata al comportamentismo.
È proprio in tale ottica che ben si riesce ad estrapolare il senso, significato e valore che bisogna attribuire all’essere leader.
Il fil rouge della testimonianza è stato pertanto la leadership, ponendo come assunto di base che non si può essere leader senza essere prima di tutto persone.
In un mondo che corre troppo velocemente e con annessa difficoltà nonché ‘fatica del manager’ per stare al suo passo, sembrano essersi persi taluni valori, ed è qui che il CEO aiuta a ritrovarli.
Ma cos’è la leadership? Un’arte o una tecnica?
La prima rappresentazione tesa a delinearla è un triangolo, composto da: io, gli altri e gli obiettivi.
I 3 mattoncini sono strettamente connessi da relazioni che vedono il legame tra il leader e gli obiettivi come efficace, in quanto permette di delineare un path che chiarisce bene dove andare e come farlo. A massimizzare tale relazione però sono gli altri: arrivare soli alla meta non è leadership, ‘sono i 100 metri’. In effetti il suffisso ‘ship’ evoca l’importanza di un’attività che include il leader e gli altri.
Quindi dobbiamo chiederci chi sono gli altri. Potremmo guardare ad essi come l’aggregato di una relazione coinvolgente e motivante che ha come focus principale quello di supportare, guidare e aiutare nel percorso di raggiungimento dell’obiettivo. L’obiettivo deve pertanto essere partecipato non sono con l’io ma anche con gli altri, dunque trattasi di un rapporto in una struttura organizzata e interattiva. Le aziende per essere ‘società’ devono infatti avere un fine comune: e ancora una volta emerge il concetto di persona, come suggerito dalla parola latina societas, cioè “compagno, amico, alleato”, parliamo di un insieme di individui dotati di diversi livelli di autonomia, relazione e organizzazione.
Questo è il punto di partenza per identificare gli stili di leadership:
- Focalizzazione solo su se stessi;
- Focalizzazione sull’obiettivo e relegare poca importanza agli altri e a se stessi (basti pensare a Steve Jobs o Einstein, che perseguono il raggiungimento di un fine)
- Focalizzazione solo sugli altri e sul proprio benessere, perdendo l’attenzione dell’obiettivo.
Nell’elaborazione di tale triangolo, dunque, la leadership appare più che mai a confine tra tecnica (insieme di norme pratiche derivanti dall’esperienza) e arte: la leadership è umanità, abilità, piacere e diletto; l’arte ha tutto dentro di se, dunque rende florida una definizione che, se proiettata su un solo significato, è piuttosto arida e svuotata di ogni senso che contraddistingue l’uomo.
Il contesto di sviluppo della leadership può definirsi pertanto proprio se stessi: Morici propone un esempio calzante sul background, si può in effetti percorrere una strada già battuta nel tessuto familiare, perseguendo un rettilineo, ‘strappando lungo i bordi’ o reinventandosi, seguendo una curva: nel primo caso è importante però vi sia a monte la stessa passione, driver, motivazione e competenza; nel secondo caso non si deve operare il ‘double guessing’ ovvero reindovinare (sarebbe asfissia) in quanto la leadership richiede capacità di respiro; essere in grado di accettare il fallimento, il raggiungimento degli obiettivi in un modo alternativo, possibile solo se l’uomo conosce se stesso. A questo punto la leadership crea altra leadership.
3 domande al CEO
1. Fare i manager rimanendo brave persone. Istruzioni per evitare la fine del mondo (e delle aziende)’ esprime un forte senso di appartenenza all’essere più che all’apparire. Alla luce di questa considerazione, come descriverebbe il suo stile di leadership in azienda? Cosa la entusiasma maggiormente di quello che quotidianamente fa per lei e per l’intero gruppo?
“È difficile identificarsi in uno stile di leadership, dovrebbe essere un giudizio esterno, ma negli anni ho maturato uno stile orientato all’organizzazione e alle persone più che al mercato: questo può essere un limite in quanto bisognerebbe individuare un percorso. Ma per essere leader bisogna conoscersi e fare ciò che si è bravi a fare, e io mi sono concentrato sulla scelta giusta delle persone e sulla cura del loro benessere. L’elemento centrale è l’autenticità, allineare la persona con il ruolo, apparire per quello che si è, stabilire un contatto emotivo con le persone al fine da far comprendere chi si è davvero”
2. Quali sfide la impegnano ora e quali si aspetta di poter al meglio superare in futuro?
“Indubbiamente la creazione del valore in un contesto schiacciato da pressioni che distruggono il valore sia a monte che a valle. La marca si regge sull’assunto di creare valore distaccandosi da costo degli input e prezzo dell’output, potendo così delegare una parte del conto economico alla sostenibilità. La seconda sfida è reinventare il modello di business per produrre con una footprint neutra, positiva e sociale”
3. Bolton Group è una multinazionale da tempo presente nella quotidianità delle persone, che ha amore e passione come pilastri fondanti. Alla luce di questo, come viene gestita la comunicazione ai diversi livelli aziendali? Ci sono state asincronie che hanno rallentato le scelte decisionali?
“Gli strumenti digitali curano la comunicazione e accelerano la stessa sia internamente che esternamente. Si coinvolgono quindi sia le persone interne all’azienda che gli stakeholder, e vi è trasparenza e immediatezza comunicativa. Non vi sono asincronie.”
Questo piacevole incontro lascia un forte insegnamento: essere leader significa creare le basi per lo sviluppo delle capacità altrui; in fondo è ‘l’arte di scomparire’ o meglio di ‘saper occupare la scena nella giusta misura’.
La quintessenza è questa: fare scelte consapevoli. Scegliere se seguire un rettilineo, ‘accontentandosi di prosperare’ o scegliere se seguire una curva, per la quale sono richiesti tempo, coraggio e responsabilità ‘con umanesimo e un pizzico di leggerezza’
Essere dei leader, ma prima di tutto persone, essere in grado di scegliere in un mondo dove le scelte appaiono oggi più che mai offuscate, oscillando costantemente qua e la tra curve e rettilinei.
Articolo di Enza Cardinale