“Quale meta hai scelto per questa tua esperienza? Quanto resterai lì”?
“Precisamente Hanyang University – Seoul, in Corea del Sud. Sono arrivata qui il 16 Febbraio, tenendo conto dell’obbligo di quarantena governativa di 7 giorni prima di poter iniziare il semestre ufficialmente il 2 Marzo. L’ultimo giorno del semestre è il 21 Giugno ma prolungherò il soggiorno e ne approfitterò per viaggiare nel sud-est asiatico che mi ha sempre affascinato, e conviene soprattutto ora che ci sono meno restrizioni”.
“Hai già preso parte a qualche corso? Come sono organizzati gli esami”?
“Ho frequentato i seguenti corsi della Business School: Marketing Research, Service Marketing, Supply Chain and Logistics Management, Communication and Visual Merchandising. Tutti i corsi sono da 3 crediti coreani che equivalgono a 6 CFU italiani. Per ogni corso sono previsti due esami in forma scritta: un midterm e un final exam”.
“Raccontaci una tua giornata universitaria..”
“I miei corsi si svolgono tutti i giorni della settimana in tarda mattinata o intorno all’ora di pranzo. Ogni classe dura circa 1 ora e 30, due volte a settimana quindi per un totale di 3 ore settimanali per ciascun corso. La classe di Visual Merchandising, invece, ha un’ora aggiuntiva di laboratorio dopo la lezione per mettere in pratica immediatamente quanto appreso nelle 2 ore precedenti. Sono erogate 3 ore totali a settimana per ciascun corso perché i professori danno molto valore anche ad altre attività, quelle extracurricolari. Inoltre a noi exchange students è stato più volte consigliato di viaggiare e esplorare la Corea. La partecipazione in aula, così come la presenza, incide sul voto finale per cui è molto importante interagire con i professori che cercano di coinvolgerci istaurando un dialogo molto colloquiale all’interno dell’aula”.
“Hai qualche informazione in più sui loro metodi di valutazione”?
“L’organizzazione dei corsi è molto diversa rispetto all’Italia: le classi sono più ristrette con un max di 30/40 alunni. Gli esami sono strutturati diversamente a seconda della materia ma in generale composti da domande aperte o a crocette oppure prevedono la stesura di un elaborato. I professori tendono quindi a valutare tutte le attività svolte: i project work individuali e di gruppo da presentare nel corso o alla fine del semestre, gli essay e i vari assignments. Ci sono anche i midterms (esami di metà semestre che abbiamo svolto a metà aprile) e i finals da sostenere alla fine. Il voto finale tiene conto della valutazione degli esami, dei project work, degli assignments e soprattutto della partecipazione in classe”.
“Hai notato qualche differenza con il sistema universitario italiano”?
“Durante la mia permanenza all’Hanyang University ho potuto notare come l’università sia molto diversa da quella italiana perché il campus è davvero come una piccola città e viene vissuta a pieno dagli studenti che sono coinvolti in numerose attività extracurricolari, come lo sport e il club. Sempre nel campus c’è un anfiteatro, campi da tennis, da calcio, da basket, palestre, ristoranti, caffetterie. Nella biblioteca ci sono anche delle piccole camere con letti a castello per il “power nap”: pensate che non è raro trovare ragazzi coreani con la testa chinata sui libri a dormire. All’interno del campus ci sono stati festival e iniziative molto simpatiche come ad esempio “Global Fair stand” con cibo e giochi di diverse nazioni del mondo con lo scopo di condividere abitudini e culture. La settimana prossima ci sarà un festival che si tiene annualmente in ognuna delle diverse università di Seoul e qui suonerà PSY, il cantante di gangnam style”!
“Descrivi Seoul con 3 parole..”
“Direi ambivalente perché presenta due aspetti molto diversi al suo interno:
modernità dei grattacieli e innovazioni tecnologiche, che si mescolano con i tradizionali templi e palazzi reali delle antiche dinastie. Passeggiare tra grandi palazzi e imbattersi in un tempio non è raro e questo mix tra futuro e tradizione la rende affascinante. Seconda parola stimolante perché la considero una vera e propria sfida fuori dalla mia comfort zone e poi direi frenetica, non si ferma mai: va avanti a tutte le ore del giorno e della notte. È stato pazzesco poter vivere Seoul nelle settimane della fioritura dei ciliegi, un’emozione che non dimenticherò mai anche se è durata solo meno di 2 settimane”!
“Il costo della vita. Come vedi la Corea sotto questo punto di vista”?
“La vita in Corea non è estremamente costosa paragonata all’Italia, con il cibo molto economico e le porzioni con i side dishes davvero abbondanti. Paradossalmente è quasi più conveniente andare a pranzo o cena nei ristoranti, piuttosto che fare la spesa e cucinare! Frutta e verdura sono davvero care al supermercato, per cui preferiamo la maggior parte delle volte cenare/pranzare fuori e scoprire sempre cibi nuovi. La giornate qui sono molto intense: andiamo al Campus e pranziamo lì mentre il pomeriggio ci dedichiamo a visitare la città che ogni giorno ci sorprende con qualcosa di diverso. La sera lasciamo che gli odori nelle strade o nei mercati ci ispirino per la cena”.
“Se dovessi raccontarci una cosa che ti è rimasta impressa, qualsiasi, cosa racconteresti”?
“Vi direi che la cucina coreana mi ha molto sorpreso, pensavo potesse non piacermi e invece è davvero buona. Piatti tipici ne abbiamo provati veramente tanti: il mio preferito è il Bibimbap비빔밥. Abbiamo provato i Tteokbokki, sì quelli della serie di Squid Game, un tantino “spicy” per me ma molto buoni. A Busan ho provato il Sannakji, il famoso polpo servito crudo condito con olio e semi di sesamo. Pensate che si muove prima di mangiarlo: davvero molto strano. Un altro dei piatti tipici è Pajeon (pancake di verdure), più tendente allo street food. E ovviamente non può mancare il bbq coreano. I ragazzi coreani ci hanno insegnato tanti trucchi per bere il Soju che non deve mancare mai in una tradizionale tavolata coreana che si rispetti. Il Soju è l’alcolico più famoso in Corea e ai coreani piace mischiarlo con la birra per ottenere il Somaek (소맥). Ci hanno insegnato diversi metodi per agitare le bottiglie di Soju oppure per inserire i bicchieri più piccoli in quelli più grandi contenenti la birra o ancora per togliere la schiuma con una mossa di bacchette”.
“Sei stata in altre città”?
“Abbiamo visitato Busan sulla costa a Sud, Incheon che è molto vicina a Seoul, Gyeongju ed ho in piano di visitare Jeju Island, una meta molto famosa per il mare e anche denominata le Maldive della Corea”.
“Come descriveresti questa esperienza? La consiglieresti”?
“Seoul è stata per me una scoperta unica e soprattutto un’importante sfida. L’impatto iniziale con la cultura asiatica non è stato per nulla semplice e mi sono sentita spaesata le prime settimane soprattutto perché non mi aspettavo una città così tanto grande e piena di persone. Per spostarsi da un quartiere all’altro necessiti di almeno 20 min (e sono arrivata a considerare 40 minuti di metro come “un posto vicino”). Dopo questi mesi posso dire di aver assorbito almeno una piccola parte della cultura e aver imparato a vivere la città quotidianamente. La barriera del linguaggio è stata sicuramente la cosa più difficile poiché in Corea, al contrario di quanto pensassi, non parlano inglese. O meglio i giovani sì, sono tutti molto gentili e disponibili ma al contrario gli adulti e gli anziani non lo parlano quindi comunicare è stato davvero complicato. Il mio migliore amico è stato Papago: un’applicazione salva vita che traduce tutto dal coreano all’inglese, che siano dialoghi, foto di prodotti o scritte automaticamente tradotte. È stata sicuramente una delle esperienze più belle e forti della mia vita, soprattutto dopo anni in cui il Covid mi aveva molto abbattuto. Consiglio di armarsi di tanta pazienza per il primo periodo, e poi lasciarsi andare ai ritmi e alla frenetica vita che la Corea, e in particolare modo Seoul, ha da offrire. Era proprio questo ciò che mi serviva”!
Creato da Noemi Di Franco e Andrea Zuppiroli