Oggetto di arredamento, pezzo da collezione, regalo di compleanno, esperienza di ascolto, ricordo di un concerto: queste e molte altre sono le motivazioni di acquisto che hanno portato il vinile a rinascere, dopo il tracollo alla fine degli anni ’80, e crescere ininterrottamente negli ultimi 15 anni. Nonostante i rischi speculativi, la potenziale bolla e la non di poco conto problematica della sostenibilità della produzione di questo supporto fisico, quello dell’ellepì è un caso che permette di comprendere come le fasi del ciclo di vita di un prodotto dipendano solo in parte dalla sua componente intrinseca, quindi da ciò che effettivamente sono, lasciando spazio d’azione e d’intervento sulla possibilità di agire nelle sue parti valoriali, squisitamente emotive, ma anche tattili, visivi, estetiche.
L’acquisto del suono
Grazie a Thomas Edison coi cilindri sonori, poi a Emile Berliner col disco fonografico, a fine Ottocento il suono registrato comincia a diffondersi nelle case della borghesia occidentale. Siano essi brani musicali o propagande di politici e monarchi, la primissima fase di crescita è sancita dalla possibilità di acquistare quel suono, di assicurarsene un ascolto ripetuto, custodito, all’interno delle proprie mura domestiche.
Il take off arriva con la fine della guerra e la grande rivoluzione culturale musicale che ne seguì, arrivando a dominare il mercato dei supporti fisici negli anni ’70. L’arrivo del primo grande competitor negli anni ’80, il compact disc, segna l’inizio della fase di maturità del Vinile e di una vertiginosa diminuzione dei volumi di vendita che sembra decretare in via definitiva il futuro che si sarebbe prospettato.
Cosa è successo? Beh, il suono poteva essere acquistato a prezzi ben più bassi, riprodotto più facilmente (volete mettere l’entusiasmo di passare da una canzone all’altra premendo un pulsante, senza spostare una puntina o mandare avanti un nastro?), ad una qualità migliore, in un formato compatto e ben più durevole, che necessitava di molta meno cura e manutenzione.
La rinascita
Alla fine degli anni ’00 gli audiofili cominciano a popolare le fiere del Vinile, spesso alla ricerca di vecchi cimeli che dalla polvere di qualche soffitta erano desiderosi di rivedere la luce. In pochi anni questi ritrovi diventano degli eventi di massa.
Come mai? È bene fare un’importante precisazione: la produzione di vinili non si è mai interrotta. È piuttosto diventata sempre più un ottimo articolo di merchandising delle piccole etichette indipendenti che, sfruttando il supporto di una fanbase sensibile e illuminata disponibile a finanziare i costi di produzione musicale portandosi a casa un “gadget”, era riuscita a trovare margini in un campo arso abbandonato da tempo dalle varie Major.
Ancora, il ritorno delle sonorità e dell’immaginario degli anni ‘70 e ’80 comunicava il desiderio di ritrovare una connessione con quel periodo, un portale che potesse permettere di rivivere le atmosfere di un mondo che la digitalizzazione stava già facendo sentire troppo lontano. Esemplare è l’uscita dell’album Random Access Memory dei Daft Punk nel 2013, la cui strategia di comunicazione integrata per la pubblicazione fu del tutto incentrata su un processo di rievocazione storica, un eccezionale lavoro di Nostalgia Marketing (per approfondire il topic, clicca qui).
Ripensare al prodotto
Il Vinile torna in contemporanea alla definitiva dematerializzazione del prodotto musicale già in atto da qualche anno, con il digitale prima e le piattaforme di streaming subito dopo. Ma ricompare sulla scena con una veste nuova, con una nuova identità. È diventato un feticcio, mantenendo la musica come anima ridefinendo la destinazione d’uso del prodotto. Il bisogno di recuperare il rapporto con la dimensione tattile e visiva, da sempre cara ai designer, potrebbe essere la chiave di lettura alla base dell’alto valore che gli viene riconosciuto dal nuovo target di consumatori a cui si rivolge. Non più un consumo di massa, ma una nicchia di mercato (889 mln di $ all’interno dei 21,6 mld della discografia mondiale, dominata dallo streaming), formata da big spender senza una netta differenziazione socio-demografica.
La domanda continua ad essere superiore all’offerta, evidenziando le problematiche di una supply chain che non riesce a soddisfare le effettive richieste del mercato, poiché non ha vissuto una vera innovazione e continua ad avvalersi a monte di tecniche di produzione tendenzialmente artigianali e ancora dipendenti da macchinari datati e poco affidabili, che causano tempi di attesi dalla presa in carico dell’ordine alla distribuzione che variano dalle 12 alle 20 settimane. Ciò non ha soltanto causato un fisiologico aumento dei prezzi a causa di una tiratura che rimane pressoché limitata, ma anche ad una difficoltà a stare di pari passo con la forte dinamicità delle uscite del mercato discografico, in particolare col momento del loro lancio.
Ciò che emerge da questo quadro è la non sostituibilità del vinile con il prodotto musicale in sé, come può anche essere dedotto dalla seguente considerazione della FIMI (Federazione Industriale Musicale Italiana):
“I consumi sono ormai sensibilmente cambiati con i fan che si muovono spesso integrando modelli di accesso e fruizione musicali differenti. Pensiamo ad esempio alla diffusione dello streaming e del vinile tra i teenager: capaci di una dieta musicale che coniuga allo stesso tempo l’ascolto di brani su servizi online, con l’acquisto di una versione limitata ed esclusiva del vinile”
Continuando ad utilizzare la metafora alimentare, se la musica è il cibo, lo streaming è la forchetta; il vinile il piatto.
Conclusioni
Davanti all’inevitabilità del declino, il vinile ha saputo reinventarsi e ritrovare il proprio spazio nonostante la presenza dei grandi competitor che ne avevano già decretato la fine. Che sia emozionale o strategico, il posizionamento resta il punto focale che non deve mai essere perso di vista dagli addetti di marketing.
Non ci è dato sapere quale sarà il ciclo di vita di un prodotto, ma deve ricordarci che non è scontato definirne in maniera rigida e a priori dei modelli che ne rappresentino l’evoluzione.
Un percorso simile è quello che sta caratterizzando negli ultimi anni il mercato delle musicassette che, grazie ai suoi prezzi decisamente più contenuti e ad una riconversione della destinazione d’uso, stanno diventando il nuovo elemento di merchandising di realtà musicale sia indipendenti che internazionali: sarà efficace questa traslazione strategica?