L’attitudine umana alla semiotica ha permesso di comunicare ben prima che esistesse un vero e proprio linguaggio in senso stretto. I simboli sono dei contenitori che racchiudono esperienze, sapere, informazioni, dettagli, alimentati e tenuti in vita dal primo all’ultimo individuo che si è trovato, nella sua esistenza, a vivere all’interno di una comunità.
In quanto tali, come noi, non sono esclusi dal processo di evoluzione. La differenza sostanziale risiede nel loro poter tendere all’immortalità finché avranno di che sfamarsi all’interno delle nostre menti. Diventano giganti, titani, divinità perfette nella loro essenza.
Think Different
C’era una volta una mela.
La curiosità che ci ha buttati fuori dal giardino dell’Eden e il trauma cranico che ci ha spiegato (al momento) perché siamo costretti a stare coi piedi per terra. Che le declinazioni abbiano origine religiosa o pagana, questo simbolo ha assorbito i nostri ideali di conoscenza, sapere e intraprendenza, rivelazione, arguzia, emancipazione e immortalità, fungendo da specchio che riflette le migliori aspirazioni di una condizione mortale e sociale. Insomma, siamo noi col nostro desiderio di fare grandi cose.
Secondo la classifica di Interbrand, Apple è il miglior brand al mondo, in termini di valore (408,6 mld $), da quasi dieci anni di fila. La straordinaria impresa di Jobs entusiasma ogni attore graviti attorno all’universo del marketing, facendoci interrogare spesso su quali possano essere stati i fattori scatenanti un tale fenomeno di rottura epocale.
L’utilizzo di un elemento simbolico già così forte e ricco di attributi non può non aver contribuito a questa scalata. La capacità di estrarli, codificarli ed infine comunicarli coerentemente è sinonimo di fede, passione e sapere profondi. Sotto questo punto di vista, il termine creazione non risulta del tutto corretto: parlerei piuttosto di adozione del brand.
Cogli la prima mela
Probabilmente negli anni ’60 dentro quella mela sono stati anche conservati i princìpi della comunicazione di massa e della cultura pop contemporanea. La casa discografica Apple Records venne creata dai Fab Four all’apice del loro successo commerciale, con l’obiettivo di farla diventare una fucina di artisti e innovatori. Un fallimento imprenditoriale sì, ma comunque un’immagine impressa a fuoco sulle copertine degli album.
I teenager ne erano ossessionati (taglio di capelli, abiti, gadget o qualsiasi altra cosa che potesse avvicinarli alla fandom dei ragazzi di Liverpool) e ben presto finirono per diventare uno dei target più redditizi dalla fine della guerra. La beatlemania colse un po’ tutti impreparati ma fece capire il potenziale latente dell’intrattenimento e la possibilità di capitalizzare un nome, un font, un logo.
Il Santo Graal del marketing che provoca l’euforia dei mercati e la devozione dei consumatori, da cui probabilmente anche Steve voleva bere giusto qualche anno più tardi, quando fonderà la sua di mela (dando il via ad una battaglia legale sui diritti per il nome, ma questa è un’altra storia). Ne avrà tratto ispirazione? Dopotutto le lunghe attese fuori dagli Apple Store in occasione del lancio di nuovi prodotti ricordano molto quelle che prima erano fenomeno esclusivo dei concerti.
A sua immagine e somiglianza
La storia è ricca di carica motivazionale e può guidarci nell’analisi e nella ricerca di fonti comunicative sostenibili, resistenti e solide. Nel contesto di un mercato globalizzato che sembra diventare ogni giorno più segmentato, riuscire a declinare le caratteristiche di un punto cardinale può davvero diventare un fattore critico di successo.
È evidente che si tratterebbe di una condizione necessaria ma non sufficiente: le qualità intrinseche del proprio prodotto, qualunque esso sia, devono essere il vero motore trainante. Il punto è quello di trovare qualcosa che stimoli noi, prima di tutto, e successivamente i nostri interlocutori, potenziali clienti, adepti.
Forse è già tutto dentro i miti e leggende, nel loro innato potere di affascinarci ed emozionarci; ciò che cerchiamo potrebbe trovarsi dentro un simbolo, testimone di una staffetta che sfida le leggi del tempo.
Articolo di Giovanni Romano