Il Marketing è un patchwork che racchiude in sé concetti strettamente interconnessi: “attenzione”, “fiducia”, “engagement”, “relazione”. Quando il focus è sul Loyalty Marketing, la parola chiave diventa “emozione”: l’instaurarsi di un rapporto puramente emotivo tra un brand e il consumatore dà luogo a una connessione destinata a diventare a lungo termine. E’ qui che si staglia la soddisfazione, che può tradursi in fedeltà – da “one-time shopper” il cliente diventa “retained”.
Come è cambiato il loyalty marketing
Il mondo del loyalty marketing si è evoluto negli ultimi quarant’anni ed ha ampliato il suo raggio di azione: dalla distribuzione dei cosiddetti trading stamps alla carta fedeltà, con punti e sconti riservati ai titolari, fino alla capacità di valorizzare la customer journey che si snoda attraverso diversi punti di contatto.
Infatti, se all’inizio sviluppare un programma fedeltà era considerata un’innovazione del settore – ricordiamo che il primo nacque nel 1981 quando American Airlines lanciò il primo frequent flyer club – all’alba del ventunesimo secolo il Loyalty Management amplia i suoi confini e cessa di essere classificato attraverso un singolo strumento promozionale.
I brand e le aziende cominciano a capire la necessità di adottare strategie basate sul Customer Relationship Management (CRM), che si fonda su un’attenta analisi dei dati a disposizione sul cliente al fine di provvedere alla creazione di customer insights utili per migliorare le proprie decisioni in ambito aziendale: ecco come possiamo profilare i consumatori, ecco perché si parla di “customer analytics”.
L’evoluzione della Loyalty
Fonte: Elaborazioni NetConsulting cube su Osservatorio Fedeltà UniPR, 2018
Con la crescente disponibilità di dati e la possibilità di disporre di touchpoint tanto fisici quando digitali, le aziende e i brand adottano strategie multichannel: l’attenzione si sposta dalla mera offerta di un prodotto fino a posarsi sul Customer Experience Management. L’esperienza è tutto: il digitale permette di coinvolgere il cliente in dinamiche di gamification, come per esempio i contest
virtuali, anche tramite social media, o l’assegnazione di punti virtuali al compimento di semplici azioni, il cui risultato risulta direttamente tangibile per il consumatore e tracciabile per l’azienda. Secondo rilevazioni effettuate per il Google Barometer Index di gennaio 2018, il 54% degli utenti intervistati preferisce effettuare operazioni e attività in modo digitale. Non solo, secondo The Loyalty Report 2018, ricerca effettuata da Bond Brand Loyalty in collaborazione con Visa, il 95% degli intervistati, tra membri di differenti programmi di loyalty USA, vorrebbe interagire con il programma tramite nuove tecnologie, compresi wearable, realtà aumentata/virtuale e chatbot.
Il rewarding
Il rewarding non è certo una novità nel mondo del marketing. Secondo Flavio Furbatto, CEO di Advice Group:
Il reward assume un ruolo fondamentale perché risulta essere la restituzione, la moneta di scambio rispetto al trust creatosi, utile ad accompagnarlo nel fare le prossime azioni di valore.
Se nelle attività si riesce ad intercettare una passione, una tendenza, una necessità, il rewarding diventa l’arma per chiedere uno sforzo in più in un determinato lasso di tempo. E se vi state chiedendo perché i programmi fedeltà semplicemente funzionano, la risposta sta nel fatto che la prospettiva di ottenere un premio attiva i circuiti cerebrali legati al piacere. Il senso di ricompensa che sperimentiamo nel momento in cui compiamo un’azione che ci avvicina al premio è una forza potente, capace di influenzare le nostre abitudini d’acquisto e la nostra opinione sulle aziende, che influenzerà di conseguenza anche il Net Promoter Score.
Il caso MyStarbucksRewards
Abbiamo detto che lo sviluppo delle tecnologie digitali ha cambiato le regole del gioco. Ecco un esempio: Starbucks, colosso americano del caffè, è stato in grado di portare l’esperienza del cliente alla sua massima espressione, compiendo un’impresa che tanti brand oggi vorrebbero eguagliare: la perfetta sintesi tra strategia offline e online.
Starbucks Rewards è considerato uno dei migliori programmi di fidelizzazione nel mondo del retail ed è diventato uno dei driver principali per l’aumento delle entrate: i clienti non sono fedeli solo al brand, ma anche allo stesso programma a premi.
Interfaccia dell’app MyStarbucksRewards
Quali sono i segreti di questo successo? Innanzitutto, una Mobile User Experience eccezionale. L’app di Starbucks ha reso interattivo il rapporto con il cliente, aumentando l’efficacia del Loyalty Program: dall’app è possibile controllare il proprio punteggio, effettuare pagamenti o trovare lo Starbucks store più vicino.
Includendo un’app mobile, oltre alla classica carta del programma fedeltà, My Starbucks Rewards ha fornito un valore in più ai clienti, che la utilizzano e la consultano perché utile e comoda.
Ma Starbucks ha anche ampliato la portata del suo programma fedeltà: qualsiasi prodotto a marchio che viene comprato (tè, caffè in grani, tazze) dà diritto a punti. Forse non esiste incentivo all’acquisto migliore!
Conclusione
Questo dimostra come il mondo della loyalty si stia evolvendo: gli utenti sono sempre più alla ricerca di un’experience personalizzata costruita su un programma fedeltà che va oltre il tradizionale concetto punti-catalogo-premio, e che è in grado di ricompensare il cliente per la fedeltà al brand.