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Hai mai sentito parlare di heritage marketing? Ti sei mai chiesto a cosa faccia riferimento e perché possa essere così importante per un’impresa?
Prima di chiarire ciò, è fondamentale definire il concetto di heritage, il quale ha peraltro subìto nel tempo varie evoluzioni. Esso, inizialmente, venne utilizzato in riferimento al mondo dell’arte, poi sempre più esteso in altri campi semantici, tra cui costumi sociali e aspetti antropologici.
Ma, di fatto, cosa intendiamo per Heritage? D. T. Herbert, nel 1987, lo definisce come “il patrimonio che le nuove generazioni ricevono in eredità da quelle passate, perfettamente conservato e protetto, al fine di preservarlo dal passare degli anni”.
Pertanto, non è possibile parlare di heritage senza considerare la variabile tempo, in quanto è proprio quest’ultima a creare la storia e il patrimonio da tramandare.
Perché, allora, l’heritage diventa fondamentale anche in un contesto aziendale tanto da aver coniato il termine heritage marketing? E cosa intendiamo essenzialmente con questa espressione?
Con heritage marketing intendiamo, sostanzialmente, una serie di azioni volte a rivalutare e a sfruttare strategicamente le tradizioni e il patrimonio storico posseduti da un’impresa. Ecco, quindi, che entra in gioco il tempo come fattore fondamentale nella competizione aziendale e come fonte di ricchezza distintiva.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la memoria storica di un’azienda assume un’enorme importanza e si presenta come leva per superare il gap esistente tra un brand affermato, con un suo indubbio passato, e un marchio neonato che, per assicurarsi lo stesso livello di awareness, deve investire ingenti risorse in pubblicità e comunicazione.
Occorre, pertanto, che le imprese prendano coscienza dell’importanza del proprio passato e della propria storia per tracciare e definire una chiara identità riconoscibile dal potenziale consumatore e funzionale a stabilire con quest’ultimo un rapporto fiduciario.
Esaminando la letteratura di settore, è possibile individuare quattro categorie in cui raccogliere tutti gli strumenti a disposizione di un’impresa, due tra le quali assumono particolare rilevanza in questa circostanza. Primo tra tutti lo storytelling aziendale, leva significativa qualora si faccia riferimento all’archivio di una marca, ai suoi valori e alla sua tradizione passata.
Molti brand internazionali, ormai da tempo, fanno largo uso dello storytelling per raggiungere la propria clientela, coinvolgerla, avvicinarla sempre più alla marca e renderla maggiormente fedele.
In un contesto come quello attuale, poi, in cui tutto ruota intorno al digital, lo storytelling aziendale permetterebbe di raggiungere ovunque fette di consumatori, generando successi aziendali non sottovalutabili.
Altra modalità interessante per comunicare l’heritage aziendale?
Tutto ciò che ruota intorno alle Organization units, ossia strutture in cui sono conservati e valorizzati gli elementi storici del marchio. Si possono considerare tali sia ambienti fisici, come musei o fondazioni, sia ecosistemi virtuali, come archivi o siti web dedicati.
Ma, vogliamo comprendere a pieno questi concetti con degli esempi pratici?
Brand come Gucci e Ferragamo hanno costruito veri e propri musei aziendali per celebrare la propria storia, mettendo in mostra capi iconici indossati da dive del cinema e dei red carpet nel corso degli anni (nel caso di Gucci), o scarpe d’autore (nel caso di Ferragamo) capaci di trasformare un mestiere artigianale in arte raffinata e per nicchie di consumatori.
O ancora, il brand Prada, creato nel 1913 con la prima boutique a Milano, in Galleria Vittorio Emanuele, pur presentandosi come uno dei colossi universalmente riconosciuti per ricerca, contemporaneità e visione futura molto chiara dell’eleganza e del design, mantiene ancora una solidissima tradizione e un forte legame con le origini. In che modo?! Nel 1919 il marchio diviene fornitore ufficiale della Casa Reale e il suo logo con lo stemma e i nodi tipici della famiglia Savoia è utilizzato ancora per sottolineare il connubio tra elementi tradizionali e simbolici, e una visione assai sofisticata ed evolutiva della moda.
Degno di menzione è anche il memorabile brand Campari, grande realtà italiana nata nel 1860 impegnata nella produzione di bevande alcoliche da tutti conosciute.
Perché è interessante il caso Campari? Cosa ha creato l’azienda?
Nel 2010, in occasione dei 150 anni di vita dell’azienda, è stato inaugurato il MUSEO GALLERIA CAMPARI a Sesto San Giovanni, proprio nel punto in cui originariamente sorgeva lo storico sito produttivo dell’azienda.
In Galleria Campari la storia del brand viene raccontata attraverso un viaggio evocativo tra affiche della Belle Époque, manifesti, grafiche pubblicitarie e libri d’artista dagli anni ‘20 agli anni ‘90 firmati da importanti artisti come Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Franz Marangolo, Guido Crepax, Bruno Munari, Ugo Nespolo; caroselli e spot di noti registi come Federico Fellini, Paolo Sorrentino, Stefano Sollima, Matteo Garrone; oggetti firmati da designer come Matteo Thun, Dodo Arslan, Markus Benesch e Matteo Ragni.
All’interno degli Headquarters di Campari Group, disegnati da Mario Botta, sono esposti anche preziosi oggetti vintage, bicchieri d’epoca, bottiglie, orologi originali, insegne, oltre a una serie di veri e propri memorabilia.
È chiaro comprendere, a questo punto, quanto un tale racconto evocativo, possa ammaliare il consumatore, farlo sentire partecipe e parte integrante del Gruppo!
In conclusione, è possibile affermare che, nel contesto odierno, in cui il consumatore è considerato attore principale ed è posto al centro della catena del valore e di ogni strategia attuata dalle imprese, sia fondamentale affidare un ruolo di primaria importanza alla customer experience attuando svariati piani di fidelizzazione volti a tramandare i valori e le tradizioni, a coinvolgere il cliente e farlo sentire parte del brand, parte di una “famiglia”.
“Serviti dei tuoi tesori, delle memorie, della tua storia… ne uscirai certamente vincente!”
Articolo di Angelica Clarissa Benegiamo