Hi In fondo la storia di Ole Kirk Christiansen è un po’ una favola: il falegname danese che riempì il mondo di mattoncini.
Definire LEGO una semplice fabbrica di giocattoli è senz’altro riduttivo. Compagna di giochi instancabile, nel corso di quasi un secolo è stata amata dai bambini di ogni generazione, ha convinto gli adulti che crescere non significa dover smettere di giocare. Un’icona dell’esercizio creativo e dell’intrattenimento che neanche la digitalizzazione sembra in grado di fermare.
L’origine
È il 1916, siamo a Billund, un piccolo villaggio in Danimarca con meno di 300 anime. Kirk apre la sua falegnameria ed inizia a produrre arredamento per interni. L’attività funziona piuttosto bene ma a metà degli anni ’20 un incendio distrugge l’intera attività. Nonostante ciò, dalle
ceneri parte la ricostruzione di un’impresa ancora più grande e ambiziosa.Il destino era lì ad attendere con la Grande Depressione alle porte, eppure dall’ennesima crisi emerge l’ispirazione: rimpicciolire le dimensioni degli oggetti prodotti e cominciare a venderli come giocattoli. Nel 1934 nasce il nome LEGO, che nella sua lingua significa gioca bene (“led godt”).
Un nuovo prodotto (?)
Con la fine della guerra Kirk coglie la possibilità di introdurre una nuova linea produttiva utilizzando la plastica: il risultato è un camion scomponibile, liberamente assemblabile, che può essere ritenuto il suo primo prototipo di giocattolo modulare. Da quel momento, probabilmente consapevole delle potenzialità del progetto ancora in fase embrionale, avvia un’indagine per studiare le soluzioni adottate da altri colleghi.
L’inglese Harry Fisher Page, proprietario e designer dell’azienda Kiddicraft, ha anch’egli cominciato negli anni ’40 ad utilizzare la plastica per la creazione dei suoi giocattoli modulari, ma con un nuovo ed innovativo sistema di auto bloccaggio dei pezzi, che brevetta come Self-locking Building Bricks. L’idea entusiasma senz’altro Kirk che, in quella linea sottile tra ispirazione e plagio, comincia a muovere i passi verso i mattoncini che cambieranno per sempre la storia della fabbrica di Billund. I LEGO Mursten, il cui progetto è depositato sotto il nome di Automatic Binding Bricks, vengono lanciati sul mercato nel 1953.
La forma definitiva
La difficoltà più grande è giustificare l’uso della plastica al posto di legno e metallo, inteso da consumatori e rivenditori dell’epoca come sinonimo di poca durevolezza. Viene deciso allora di apportare al prodotto una nuova modifica così da poter sfruttare al massimo le sue possibilità di combinazione e collegamento, rendendolo quindi più versatile nell’utilizzo.
È il 1958 l’anno in cui vede la luce il LEGO come ancora oggi lo conosciamo, grazie alla maggiore stabilità di fissaggio dei singoli moduli permessa dall’aggiunta del piccolo cilindro nella loro cavità.
Quello stesso anno Kirk si spegne all’età di 67 anni, lasciando nelle mani dei figli il destino del lavoro di una vita intera.
Un nuovo inizio
Il successo è enorme e il nome LEGO si diffonde lungo tutto il continente europeo a ritmi sempre maggiori. Ma è anche un momento di importanti scelte per il nuovo proprietario Godtfred Christiansen: decide di abbandonare per sempre la produzione di giocattoli in legno dopo un nuovo incendio che distrusse l’originaria attività del padre.
Dalle fiamme purificatrici inizia la nuova vita dei giocattoli danesi, dopo una lunga e faticosa ricerca della propria identità. Da quel momento inizia un’ascesa (quasi) senza sosta, senza tempo e senza età.
La sfida del futuro
Oggi il nome LEGO rappresenta un’immagine chiara e limpida che trascende il concetto stesso di giocattolo e abbraccia un più ampio concetto di intrattenimento. Dal cinema ai prodotti videoludici, dai parchi a tema ai negozi monomarca, è rimasta al fianco non solo dei bambini ma anche di chi ha voluto preservare una parte della propria infanzia, del piacere di meravigliarsi
La famiglia Christiansen gestisce l’azienda privatamente da 4 generazioni, ponendola anche sotto que
st’aspetto come un outsider del mondo finanziario multinazionale, usando i loro stessi prodotti come asset che seguono dinamiche di quotazione simili a quelle dell’oro
Ma adesso dovranno vedersela coi nativi digitali, con la digitalizzazione, con l’appetibilità del gioco manuale. Assisteremo ad una crisi del mattonino?