Il 25 marzo gli studenti di Trade e Consumer marketing hanno assistito alla testimonianza del dottore Alberto Volpe, Direttore Generale del consorzio export Italia del Gusto.
La testimonianza è stata organizzata dalla professoressa Donata Tania Vergura all’interno del corso di Communication and Digital marketing, con la collaborazione delle professoresse Cristina Zerbini e Beatrice Luceri, le quali tengono rispettivamente i corsi di Marketing Internazionale e Gestione Internazionale dell’Agribusiness presso l’Università di Parma.
Cos’è Italia del Gusto?
Italia del Gusto è un consorzio export che nasce dall’idea di Giovanni Rana, il quale comprese che c’era una forte domanda di italianità da parte dei paesi esteri che andava soddisfatta e che le nostre imprese da sole non erano in grado di soddisfare. Da qui la mission dell’impresa: aiutare le nostre aziende italiche ad andare all’estero.
Il consorzio è riuscito negli anni in questo intento e oggi rappresenta un catalizzatore dell’alimentare italiano nel mondo, una sorta di “alfiere dell’italianità”- come l’ha voluto chiamare il dottor Volpe – e al contempo sta favorendo la collaborazione progettuale tra le aziende consociate. Questo permette di andare incontro alla forte domanda di italianità nel mondo che le nostre aziende, tipicamente piccole, hanno difficoltà a soddisfare da sole. “Il nostro sistema di imprese, come ben sappiamo, comprende principalmente piccole e medie imprese; sono poche le aziende multinazionali che si possono trovare nel territorio nazionale e che hanno potuto penetrare mercati esteri con più facilità. Altro limite del nostro paese è di natura distributiva: l’Italia non ha, come per esempio la Francia, grossi player nella distribuzione come Carrefour, ma ha dovuto far affidamento principalmente a flussi migratori di nostri connazionali, i quali hanno permesso di diffondere la nostra italianità”.
Ma come si entra a far parte di Italia del Gusto?
Italia del gusto, secondo il dottore, va oltre la semplice definizione di consorzio: è quasi come se fosse un club basato su una c.d. regola di ingaggio: avere una sola azienda per categoria merceologica. Le aziende sono tra di loro eterogenee se si guardano alcuni parametri quali la dimensione, il livello di penetrazione internazionale o anche solo il tipo di modello societario, ma tutte queste sono unificate dal fatto che sono italiane, di marca, leader e con una forte propensione all’internazionalizzazione.
Il made in Italy, costituito dalle tre F (Fashion, Forniture e Food), è molto apprezzato e ricercato all’estero, proprio perché sinonimo del saper vivere bene. Il prodotto alimentare italiano è considerato buono, salutare e conveniente. È un tipo di cibo più facile da riprodurre e veloce, rispetto a quello francese. Italianità è anche sinonimo di qualità e ciò si scontra con il fenomeno del c.d. l’italian sounding. Il fenomeno comprende quei produttori che cercano di riprodurre i prodotti di alcuni brand italiani famosi tramite riferimenti geografici, immagini o altro che evochino la nostra patria. I prodotti sono di dubbia qualità e il consorzio si è dotato di un decalogo per mostrare invece i veri valori fondanti del vivere italiano, come per esempio:
- rappresentare un’alleanza delle grandi marche nell’alimentare, tutte marche rappresentanti la vera italianità, la cui proposta riguarda una italianità accessibile a tutti;
- diffondere modi di consumo alimentare tipicamente italiani, il saper mangiare bene, che equivale ad un saper vivere bene;
- la garanzia dell’italianità è data dalle stesse imprese che ne fanno parte, della loro storia e dal fatto che la tipicità delle aziende italiane è quella di unire artigianalità e industrializzazione;
- la cucina italiana è contemporanea e bisogna cercare sinergie tra le imprese che ne fanno parte, proprio perché l’unione fa la forza, dando così la possibilità di raccontare l’italianità insieme.
Come si racconta l’italianità?
Il consorzio permette di facilitare l’incontro tra le aziende consociate e gli operatori commerciali. Normalmente fa questo tramite fiere internazionali (le più importanti sono quelle di Sial a Parigi e di Anuga a Colonia). Nelle fiere si cerca di lavorare sempre sul concetto della sinergia del sistema: data un’area specifica, che viene destinata ad alcune aziende facenti parte del consorzio (di solito circa una quindicina), si inseriscono gli stand all’interno del perimetro di questa area mentre il centro diventa una piazza, uno spazio di accoglienza e di condivisione in cui si dà la possibilità di degustare diversi prodotti combinati secondo un menù. Questo è il senso del sistema: “l’Italia si vende bene insieme”.
Altro modo per far relazionare le aziende con i partners commerciali è stato tramite promozioni in store, step successivo all’incontro in fiere. Il consorzio organizza promozioni per conto dei propri associati sui punti vendita delle principali catene distributive internazionali. Qui vi è un rapporto diretto tra l’azienda e il consumatore tramite le settimane italiane, in cui vengono proposti diversi prodotti italiani insieme.
Vi sono poi eventi che hanno l’obiettivo di favorire il networking e di creare occasioni di conoscenza e/o relazione con partner potenziali. Tra questi: Italia del Gusto Days, i Webinar e/o Workshop, e infine gli eventi che si focalizzano su tematiche sensibili per uno specifico paese, i County Business Incubator.
Negli anni il consorzio si è evoluto; c’è stato un rafforzamento delle relazioni tra le imprese che ne fanno parte e si è passati dall’essere solo una piattaforma di networking ad essere anche una piattaforma di business vera e propria. Tutto ciò è stato possibile grazie all’eCommerce e in particolare grazie alla partnership con l’e-retailer inglese Ocado, che ha permesso di creare CiaoGusto.
CiaoGusto
CiaoGusto si basa su tre pilastri: un sito, che racconta i prodotti delle aziende e in cui sono presenti anche delle ricette che permettono di creare engagement e di spingere all’acquisto; una società, CiaoGusto limited, che si occupa della gestione delle attività operative; uno shop in shop dove è possibile acquistare in una specifica sezione i prodotti italiani.
Il successo di CiaoGusto ha dato modo di sviluppare nuovi progetti all’interno del mercato domestico, tenuto anche conto dell’accelerazione che il canale eCommerce sta vivendo oggi in Italia, anche a causa dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Ciò rappresenta una sfida per molte imprese, i cui effetti saranno visibili solo nei prossimi anni e che stravolgerà, in parte, il nostro modo di fare la spesa.
Il dottor Volpe, al finire della sua testimonianza, ci ha dedicato parte del suo tempo e ha risposto ad alcune nostre curiosità in merito alla sua carriera e alla collaborazione con Ocado.
Quali sono secondo lei le skills adatte per intraprendere un mestiere in ambito export?
“Il tratto caratteriale; deve essere la curiosità e la capacità di accogliere stimoli che provengono da culture diverse. Gli anni che ho passato in Olanda sono stati super interessanti, ho avuto l’opportunità di lavorare in un Innovation center, che era un crogiolo di persone che arrivavano da tutto il mondo. Avevo una collega neozelandese, un’assistente messicana, colleghi tedeschi, inglesi, da tutta Europa. Diventava uno spazio sia dal punto di vista del business, perché erano anni in cui le risorse disponibili per la parte ricerca erano interessanti e sicuramente attuali, sia uno spazio dove c’era la possibilità di fare delle challenge al proprio modello culturale con persone che avevano bagagli culturali diversi (…). Secondo me gli aspetti tecnici si imparano, l’ingrediente che uno deve avere è la flessibilità, la curiosità, la voglia di assorbire stimoli, perché secondo me la persona che deve vendere all’estero deve essere un ponte fra due culture: deve portare la sua cultura di partenza, ma deve essere capace di capire quella di arrivo (…)”
Le sfide che ogni giorno deve affrontare
“La sfida è quella di riuscire a creare dei progetti comuni. Questo spesso pone di fronte a un trade off. Se la singola impresa pensa di poter raggiungere un risultato da sola, chiaramente il livello di complessità di fare una cosa insieme agli altri è superiore. Il punto è andare a trovare quegli ambiti e costruire quelle proposte che siano in grado di dimostrare che c’è un valore aggiunto nel fare le cose insieme, il che è sempre una conquista quotidiana che viene frequentemente messa in discussione. E questo vale per tutti i progetti che abbiamo fatto: fare le fiere insieme, fare l’eCommerce insieme. Abbiamo anche un’altra società che si occupa di fare acquisti aggregati nel settore delle utility, dei servizi, etc. Il tema è sempre lo stesso: riuscire a creare la percezione di un valore che supera la complessità del dover lavorare per uscire dal proprio territorio e creare dei linguaggi comuni. È chiaro che questo è un lavoro in più e le persone faranno un lavoro in più solo se pensano che quel lavoro gli porti di più di quello che hanno investito.”
Come è gestita la comunicazione di CiaoGusto su Ocado?
“Abbiamo alcuni strumenti di comunicazione autonoma, principalmente i food blogger (…). Abbiamo scelto questo canale perché ci sembra, e ne abbiamo avuto evidenza, che sia un tipo di comunicazione che favorisce la visibilità e la reputation del brand. Abbiamo un consulente di marketing e di comunicazione in Inghilterra che segue questa attività, contatta i food blogger. Alcuni post vengono fatti gratuitamente, quindi gli investimenti sono in qualche modo limitati, ma riusciamo ad ottenere un buon riscontro. La gran parte delle risorse in realtà fa parte del contratto che stipuliamo ogni anno con Ocado, che assomiglia proprio a un rapporto con un distributore. Ocado ha un suo palinsesto di strumenti, tra i quali i vari tipi di banner e le stars reviews, il sistema di recensioni. Loro hanno un gruppo di consumatori qualificato a cui mandano in anteprima dei prodotti che vengono poi recensiti e funziona molto bene come moltiplicatore. C’è poi il sistema delle keywords, che possono essere pure acquistate. Si tratta sostanzialmente di strumenti tipici della comunicazione digitale che però fanno parte del palinsesto di Ocado, un po’ come un canale televisivo che vende gli spazi: in questo caso è il retailer che ti vende direttamente la visibilità all’interno del suo sito. Noi ogni anno facciamo la trattativa per il quantum economico, tutto questo viene poi calendarizzato e cerchiamo di fare un palinsesto che riguarda i diversi brand, i diversi prodotti e i diversi momenti dell’anno. Si cerca di individuare i prodotti più appropriati per lo specifico momento e di fare un’attività sinergica tra comunicazione e promo. Quindi normalmente abbiamo un calendario promo che si sincronizza con un calendario di comunicazione cercando di avere il più possibile, per il maggior numero di settimane all’anno, qualcosa in evidenza. Una logica che dia lo spot light sul singolo prodotto, bilanciata con un effetto un po’ più globale di comunicazione su tutto quello che è il sito e il portafogli di prodotti.”
Scritto da Annalisa Arcoleo