Si è da poco svolta la XX edizione del CONVEGNO dell’OSSERVATORIO FEDELTA’ dell’Università di Parma, che, a causa dell’emergenza sanitaria, quest’anno si è tenuto esclusivamente online.
In riferimento agli sforzi e alle difficoltà che le imprese di tutto il mondo stanno fronteggiando, a causa della pandemia e della conseguente crisi economico-finanziaria, il convegno è stato intitolato “Ripartiamo dalla fedeltà”, per sottolineare il valore che la fedeltà dei clienti crea per l’impresa, e la necessità di salvaguardarla e proteggerla con adeguate strategie e scelte aziendali.
La professoressa Cristina Ziliani, responsabile scientifico dell’Osservatorio, ha sottolineato l’importanza della gestione della customer experience all’interno del nuovo scenario sociale, economico, competitivo e tecnologico.
Oggi i consumatori sono costretti a passare più tempo in casa e hanno sviluppato una maggiore attenzione all’igiene e alla salute. Assistiamo al successo indiscusso dell’e-commerce che si conferma driver di crescita futura; al maggiore impiego delle piattaforme di food delivery, all’uso del live streaming, alla diffusione di tutte le forme di digital payment e del voice and chat commerce. Per adeguare i touchpoint della marca al nuovo scenario molte aziende stanno fortemente spingendo i servizi contactless in tutte le fasi della “journey” del cliente. Con riferimento alla fase del pagamento è emblematico Amazon One, sistema di riconoscimento del cliente e pagamento in cui, grazie all’unicità dell’impronta del palmo della mano, riconosciuta da un lettore ottico, è possibile fare il check-in, il check-out e il pagamento nei punti vendita.
Investire nella qualità della customer experience paga, come hanno mostrato le ricerche citate dall’Osservatorio, che indicano rendimenti finanziari dei titoli di borsa superiori alla media per le imprese eccellenti nella customer experience, così come una capacità di riprendersi più velocemente dagli effetti delle crisi.
Cristopher Barth, Senior Head of CRM, Customer data e Analytics di Hugo Boss, ha illustrato la strategia di clienteling implementata dalla multinazionale del fashion, che mira a creare engagement tra i top customers, ovvero i clienti più fedeli e alto spendenti, anche fuori dallo store attraverso nuovi punti di contatto come gli sms e l’app per poter aumentare i momenti d’acquisto e tenere sempre aggiornato il consumatore. Questa strategia ha permesso di alimentare il cash flow del brand attraverso I mesi di lockdown in diversi paesi.
Successivamente è stato il professor Gallese, docente di Psicobiologia dell’Ateneo di Parma, a prendere la parola e a spiegare che cosa significhi l’esperienza dal punto di visto neuroscientifico nell’era della comunicazione digitale. La pandemia ha reso l’uomo consapevole della dipendenza nei confronti delle tecnologie e di come questo mondo iperconesso, se da un lato ci dona degli strumenti incredibili, dall’altro ci sottrae l’esperienza, intesa come presenza fisica ed emotiva nei diversi contesti della vita. Sorge dunque una domanda spontanea: l’esperienza attraverso uno schermo può portare ugualmente all’empatia come nel mondo fisico, o questa in qualche modo viene filtrate e modificata? In un’ottica di lungo periodo la nostra vita digitale subirà una riduzione dell’empatia e della capacità di vivere in società con gli altri.
La professoressa Ziliani e il professor Ieva hanno presentato i risultati di alcune ricerche portate avanti nei mesi scorsi dall’Osservatorio sugli effetti provocati dal Covid-19 sui comportamenti delle famiglie italiane e sulle scelte aziendali. Tali risultati sono stati commentati insieme ai manager di Advice Group, Amilon, Catalina Italia e Roialty Maps Group.
La prima ricerca, svolta sul Nielsen consumer panel rappresentativo dei 25 milioni di famiglie italiane, ha mostrato che il 27% delle famiglie italiane ha cambiato la propria insegna principale per la spesa alimentare dopo il lockdown. La nuova insegna, secondo l’indagine, presentava dei punti vendita meno affollati, rispettava al meglio le regole anti covid e offriva dei servizi per la spesa on-line come il Click and Collect e l’Home Delivery. Questi consumatori che hanno cambiato il luogo dove fanno la spesa usano molto di più i touchpoint digitali, e metà del campione era già iscritto al programma fedeltà dell’insegna da cui ha iniziato a rifornirsi più spesso per la spesa alimentare dal lockdown in poi. La seconda ricerca ha, invece, voluto indagare le strategie che le imprese vorranno attuare in termini di CRM e customer experience. È emerso che una impresa su tre ha in previsione dei cambiamenti in ambito customer experience.
Lorenza Cortivo, Country Manager di Catalina Italia, a tal proposito sottolinea l’importanza che le imprese di oggi investano nell’engagement e nella customer experience, cercando di costruire un piano omnicanale attraverso l’uso corretto di 4 leve: modelli analitici avanzati, personalizzazione, integrazione e contenuti, da cui ottenere importanti insights, che aiutano l’impresa a creare un’esperienza personalizzata per il cliente.
L’importanza di un corretto utilizzo dei dati emerge anche dall’intervento di Fulvio Furbatto, CEO&Founder di Advice Group, il quale afferma che molto spesso le imprese non riescono a comprendere l’importanza di saper unire competenze di marketing e tecnologia, e ciò crea una “confusione” nell’analisi dei dati.
Stefano Tonella, Head of CX Solutions di Roialty Maps Group, propone “Meno promozioni e più relazioni!” Secondo il suo parere, lo sconto ha meno appeal: i clienti scelgono un brand o un prodotto perché si rivedono nei valori e perché risponde ai propri bisogni. I dati che rappresentano la voice of customer servono a questo: a creare delle esperienze sempre più personalizzate per rispondere a questi bisogni. Dialogare con il clienti, al di là di fini puramente commerciali, diventa di fondamentale importanza nell’era dell’empatia.
La terza ricerca effettuata dall’Osservatorio ha voluto rispondere anch’essa a questa domanda, chiedendo l’opinione dei venditori di servizi e/o prodotti per la loyalty, il CRM e la customer experience. Secondo l’opinione delle imprese rispondenti, gli strumenti digitali anche qui avranno un ruolo fondamentale, ma saranno accompagnati da strumenti che portino valore ai clienti come sconti e cashback. Coupon digitali e gift card, come afferma Fabio Regazzoni, CEO&Founder di Amilon, rappresentano oggi quella che è la brand currency, cioè la valuta della marca: creano valore anche per il retailer, in quanto permettono di avere una entrata prima che il prodotto esca dal punto vendita, alimentando così il cash flow. Sono strumenti ben visti per rilanciare i consumi e come welfare aziendale. Emerge qui l’importanza di creare fedeltà tra i propri dipendenti: senza di loro come ci si può aspettare che i clienti possano essere fedeli?
La XX edizione del convegno si è conclusa con l’intervento di un altro grande ospite internazionale: Bryan Pearson, ex CEO di Loyalty One. L’ospite ha delineato quella che era la situazione dei programmi fedeltà prima del Covid-19 e come oggi siano cambiati. Le imprese che avevano un buon programma fedeltà hanno potuto sfruttare i dati per dare maggior valore ai propri clienti. Pearson si augura che in futuro i programmi diano la possibilità ai clienti di vivere una varietà di esperienze, come anche il caso di Hugo Boss ha confermato. I programmi devono spostarsi dallo sconto e abbracciare benefici più emozionali, che facciano sentir parte di una community. Infine, è importante che si crei un ecosistema di imprese che collaborino fra di loro e che aiutino a migliorare la raccolta di insight sui clienti, permettendo di creare un’esperienza senza cuciture e che semplifichi la vita al cliente, in un mondo che è sempre più complesso e faticoso da leggere.
Scritto da Annalisa Arcoleo e Giulia Stella