Negli ultimi giorni si è molto parlato del successo della nuova linea di abbigliamento streetwear di Lidl. Infatti, la catena di discount tedesca ha esteso la propria private label in un nuovo segmento per l’estate 2020: quello del vestiario estivo e sportivo.
Lidl ha così proposto delle scarpe, t-shirt, calzini e ciabatte con colori che richiamano il noto logo della catena e con un posizionamento di pricing low cost. Nello specifico, la linea è composta da: Scarpe (12,99 euro), T-shirt (3,99 euro), ciabatte (2,99 euro) e calzini (0,99 euro).
In questo modo si cerca di aumentare la market share, il traffico medio, entrando in un nuovo segmento con possibilità di crescita, ma si spera di aumentare anche la brand awareness e la brand identity, rendendo i propri consumatori una sorta di ambasciatori del marchio.
La vera notizia è l’inaspettato successo che la linea di abbigliamento ha avuto in molti paesi d’Europa, infatti gli item sono diventati ben presto introvabili in paesi come la Germania, la Finlandia, tanto che molti rivenditori online stanno riproponendo la linea con un sovrapprezzo che arriva fino al 6000%.
Ad esempio, le scarpe da ginnastica firmate Lidl hanno un prezzo originale di 12,99 euro e attualmente vengono rivendute a 269 euro, con un ricarico del 2000%.
Inoltre, la decisione iniziale dell’azienda di non rifornire i negozi e gli e-commerce ha determinato la ricerca sfrenata della linea di abbigliamento per i cosiddetti “fashion victim”. Di recente anche McDonald’s, Aldi e Febo hanno lanciato una propria linea di indumenti riscuotendo ulteriore vendite.
Ma cosa determina il successo di queste collezioni? Secondo il giornalista di moda Mehtap Gungormez il punto di forza sta proprio nell’anti esteticità dei prodotti, nella rottura degli schemi e della quotidianità di ciò che viene considerato “bello”, quindi per il giornalista “il cattivo gusto è alla moda e tutto ciò che non è bello è cool”.
Il successo di Lidl porterà altre catene internazionali a creare una propria linea di abbigliamento?
Creato da Fabio Rauzino.