“Hey, Ugo!”
Quante volte vi sarà capitato di salutare il vostro amico e sentire il suono dell’attivazione dell’assistente virtuale provenire dal vostro smartphone, che ha sbagliato a “capire”?
Questo perché ci si sta muovendo verso una società sempre più incentrata sull’individuo, che cerca costantemente di limitare al minimo gli sforzi che l’utente deve fare per compiere qualsivoglia azione.
Siri, Alexa, e Google Assistant sono sempre più al centro, che sia per errore come nel caso di Ugo, o per necessità reale, delle nostre vite.
Li utilizziamo sempre più spesso per far partire la musica, chiamare un contatto in rubrica o conoscere l’età di qualche celebrità che ci ricordavamo essere decisamente più giovane, convinti del fatto che, una volta assolto il loro compito, questi assistenti tornino nel loro stato di inattività fino a nuovo ordine.
Ebbene non è esattamente così.
Vi sarà capitato di essere magari a cena con amici, con il telefono poggiato sul tavolo, e che, parlando del più e del meno, venga fuori ad esempio il prezzo dei nuovi AirPods Pro – €280,00 circa – ed iniziate a litigare circa la validità o meno dell’acquisto. Non sarà allora difficile notare, una volta sbloccato il telefono, come fra le diverse inserzioni presenti vi sarà apparsa proprio quella che presentava il nuovo prodotto Apple.
Coincidenze? Non proprio. Sono moltissimi ormai gli utenti che, un po’ per sentito dire, un po’ perché colpiti dalla personalizzazione degli adv, hanno notato come le pubblicità sui propri devices siano sempre più pertinenti a discorsi fatti in contesti reali – e non più virtuali – e che non riguardano più la sola ricerca di informazioni sui diversi motori di ricerca.
Non è infatti strano ormai che i motori di ricerca, analizzando le nostre query, propongano fra le pagine dei social network alcuni annunci mirati proprio ai nostri interessi, sulla base dei siti o dei prodotti ricercati. Ma un discorso è se, dopo aver compiuto un’azione di ricerca di un albergo per un viaggio, sui social si trovano pubblicità di stanze simili a quelle già viste; un altro è se, invece, del cercare un alloggio ne parlo con qualcuno e “internet”, autonomamente, inizia a suggerirmi soluzioni per spingermi all’acquisto.
È vero però che in questo, allo stato attuale, non c’è nulla di illegale, dal momento in cui nello scaricare o utilizzare una nuova applicazione diamo il consenso all’utilizzo dei nostri dati, e molte di queste sfruttano il microfono o la telecamera (vedi l’articolo di Julia Lawrence, giornalista del Daily Mail) per raccogliere informazioni.
Un’azienda che ha deciso allora di sfruttare quest’ondata di incertezza per fare concorrenza ai vari Alexa e Google Assistant è IKEA.
Come può, ci si starà chiedendo, un’azienda come quella svedese competere in un mercato che apparentemente non è il suo? Il colosso dell’arredo casa a 360° è al lavoro per sviluppare un pulsante smart per l’esecuzione di diversi “scenari” o comandi quali, ad esempio, l’attivazione di elettrodomestici o allarmi, l’accensione delle luci e via dicendo. Il nome di questo prodotto è, ovviamente, impronunciabile correttamente in altre lingue diverse dallo svedese, ed è Pulsante Trådfri.
L’idea è in approvazione presso la Federal Communications Commission (FCC) degli Stati Uniti, dove gli svedesi di TeknikVekan hanno scovato la domanda di brevetto.
Perché questa mossa, nonostante ad oggi esistano già diverse soluzioni di domotica per la casa? Proprio per il discorso fatto finora sulla sicurezza.
Infatti, secondo una ricerca di PWC, il 38% degli intervistati risulta non essere favorevole all’acquisto di un prodotto che possa “ascoltare sempre tutto”. Un’altra ricerca, di Microsoft, indica come la percentuale degli utenti preoccupati del passive listening e della propria privacy sia del 41%, in linea quindi con il discorso portato avanti finora.
IKEA da agosto ha creato una divisione apposita che gestisce la “smart house”, avviando collaborazioni con Ori, una start up americana nel campo dei mobili robotici, e sembra fortemente intenzionata a portare avanti il progetto.
Ma come funziona nel pratico?
I Trådfri sono dei veri e propri “Shortcut Button“, ovvero dei pulsanti che, con un singolo tocco, attivano delle “scene“, un insieme di comandi a più dispositivi smart.
Ad esempio, quante volte sarà capitato di essere sotto l’uscio della porta e non essere sicuri di aver spento tutte le luci della casa? Programmando un Trådfri con il comando “spegni tutte le luci”, basterà premerlo per poter uscire di casa senza pensieri.
O ancora, mettiamo il caso che la sera si torni dal lavoro stanchi, e che la prima cosa che si desidera fare sia una doccia rilassante ascoltando musica. È possibile configurare uno dei pulsanti Trådfri in modo tale che, premendolo, una volta entrati in casa questo faccia partire la musica e accenda magari anche le luci che illuminano unicamente il percorso dalla porta d’ingresso al bagno, e tutto questo senza assistenti vocali che ascoltano ogni parola!
IKEA sta così programmando l’ennesimo passo verso la personalizzazione del servizo e quindi verso l’utente finale, ma come verrà vista questa innovazione? Avrà successo o resterà nell’apparente anonimato in cui nuotano la maggior parte delle attuali soluzioni della domotica?
Creato da Luigi Coppola