La moda è lo specchio della società. Il significato di questo assioma è chiaro se si analizzano le dinamiche caratterizzanti i settori più esposti alle continue trasformazioni degli usi e dei costumi della società, storicamente impegnata nella costante ricerca di nuovi totem da eleggere a status symbol investiti del duplice ruolo di omologare e differenziare chi ci si rispecchia.
Dunque, è possibile ritrovare nell’Universo moda le stesse caratterizzazioni tipiche di quest’epoca e delle generazioni che la stanno animando.
Il mondo si sta costantemente ed incessabilmente spostando verso l’online, i social sono una parte fondamentale della nostra esistenza e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie ci stanno trasformando in consumatori istantanei, da tutto e subito.
È in questo scenario che fa il suo ingresso il drop marketing, ossia la strategia che vede il lancio (drop) di prodotti disponibili in limited edition per pochissimo tempo (per alcuni brand la disponibilità dei prodotti dura pochi secondi a drop) in determinati punti vendita o esclusivamente online.
Questa tecnica è spesso utilizzata in occasione del lancio di co-branding particolarmente attesi, ed il risultato finale è nella quasi totalità dei casi un sold out istantaneo, ed una crescita esponenziale di awareness nel breve periodo scaturita dalla viralità offerta dai social per i brand coinvolti nell’operazione.
Il drop marketing ha caratterizzato fin da tempi non sospetti il mercato streetwear, ma sarebbe scontato analizzare i casi più eclatanti come Supreme, la cui produzione si attesta ad 1 pezzo su 600 richiesti, dichiarando apertamente la propria natura elitaria, o le Yeezy, sneakers nate dal matrimonio di Adidas e Kanye West, divenute ormai quasi una categoria merceologica a sé, ed i cui drop in alcuni casi soddisfano 1 cliente su 400 richieste.
Oggi la tecnica del drop marketing è diffusa in maniera trasversale per lo meno nel mondo della moda. Come già accennato risulta particolarmente efficace in occasione di cobranding recentemente per il lancio della collezione H&M x Moschino, ultimo di numerosissimi casi in cui il brand svedese ha seguito pedissequamente questo modus operandi, ma risulta ugualmente efficace quando l’azienda vuole comunicare una importanza diversa di una determinata linea rispetto alle classiche collezioni, come fatto da Louis Vuitton nell’evento organizzato per il lancio della prima collezione firmata Virgil Abloh, già fondatore di Off-White, brand ampiamente navigato nell’utilizzo della tecnica del drop e del cobranding.
L’importanza del fenomeno è ancor di più evidente dal fatto che anche brand storici, e legati a tutt’altre modalità distributive ne fanno ricorso. È il caso di Dolce&Gabbana x Fiasconaro (storica pasticceria siciliana, celebre nel mondo come esempio dell’eccellenza culinaria italiana) il cui sodalizio è stato celebrato da un packaging droppabile in pochissimi punti vendita selezionati, ed in quantità davvero limitate.
Negli ultimi 2/3 anni il drop marketing ha raggiunto un’importanza tale da permettere la nascita di portali come “TheDropDate”, specializzati nel seguire i lanci più interessanti calendarizzati dai brand, e la proliferazione di reseller, ossia dropper professionisti che rivendono i pezzi accaparrati nel mercato secondario ad un prezzo esponenzialmente maggiorato.
La moda, come detto all’inizio dell’articolo è mutevole e segue le dinamiche che coinvolgono la società, dunque la caratterizzante instabilità che contraddistingue questo mondo non può dare certezza riguardanti l’orizzonte temporale che sarà caratterizzato da questo fenomeno. In ogni caso, ad oggi, il drop marketing è costantemente in ascesa, sarà interessante capire se e come potrà entrare a far parte della quotidianità di altri mercati in cui le logiche produttive non si sono ancora convertite per far fronte alla fugacità della vita moderna.
Creato da Ruggero Milletarì